Ecco come è andato il webinar promosso da European House Ambrosetti: molti i fronti di emergenza, il ritardo diagnostico è il problema n.1. Paola Binetti: «Misure specifiche nel Ddl Semplificazioni»
Cosa vuol dire avere una malattia rara in età adulta? E quali sono le – molte – differenze nel processo diagnostico e di attenzione rispetto alle malattie rare nei più giovani? Sul tema si è concentrato il partecipato webinar promosso dalla Ambrosetti European House in collaborazione con l’Osservatorio Malattie Rare. Intorno al tavolo decisori della politica, amministratori ed esperti, oltre a rappresentanti dei pazienti, per fare il punto su una situazione che, dopo i giorni del coronavirus, si dimostra anche più pronunciata di quanto non fosse in precedenza. Nelle parole di Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione delle associazioni di pazienti affetti da malattie rare, qualche dato interessante.
«Dai dati del 2019 osserviamo che esistono dalle 623 mila alle 687 mila persone che soffrono di malattie rare, un dato certamente sottostimato perché nell’adulto è più difficile la diagnosi. Il ritardo diagnostico – ha continuato Scopinaro – è certamente uno dei problemi principali che ci troviamo ad affrontare. Ma insieme vale la pena citare le problematiche relative ai codici di esenzione, discrepanze nel nomenclatore farmaceutico e mancanza di innovazione rispetto ai dispositivi di ausilio: quando sento parlare di “protesi” capisco che è proprio la mentalità ad essere indietro di almeno 50 anni, visto che oggi ci sono dispositivi che sono molto di più di una protesi».
Dopo i saluti di Paola Binetti, presidente dell’Integruppo parlamentare sulle malattie rare, e di Giovanni Leonardi, direttore generale ricerca e innovazione in sanità per il MS, la tavola rotonda è stata aperta da Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar. «Rarità è un termine che fa pensare ad un dato numerico – ha ricordato quest’ultima – ma noi dobbiamo ricordarci che la problematica è prima di tutto qualitativa. Molte malattie rare sono genetiche e noi di genetica abbiamo iniziato a capire qualcosa solo molto di recente. I malati rari hanno bisogno di aiuto clinico, è vero, ma prima di tutto di collettività e comunità, di un aiuto che definirei sociale. La condizione di cui parliamo comporta problemi di salute ma, connessi ad essi, problemi di natura economica. Molti di essi non possono lavorare, hanno bisogni abitativi o difficoltà di movimento; e in una società che invecchia, come la nostra, è sempre più probabile che i malati rari siano adulti».
Un ulteriore intervento sul tema è stato quello di Andrea Vaccari, presidente di Famy, associazione nazionale dei pazienti affetti da Amiloidosi: «Dover essere in dialisi per noi è il minore dei problemi. La nostra patologia si trasmette ai figli al 50% di probabilità e già questo non ci fa dormire, dobbiamo poi occuparci dei nostri figli. Ci sono pazienti amiloidotici che in 4-5 anni sono andati, quindi perdere sei mesi o un anno significa perdere del tempo cruciale». «Pensiamo ora», ha aggiunto Bartoli, «a quale può essere stato l’impatto del coronavirus su queste fasce di popolazione, se è vero che il Covid-19 è stato più violento verso gli anziani che verso i bambini».
LEGGI ANCHE CIANCALEONI BARTOLI (OMAR): «NECESSARIO TORNARE, ALMENO PARZIALMENTE, ALLA CENTRALIZZAZIONE DEL SSN»
Ha rincalzato Domenica Taruscio, direttrice del Centro nazionale delle Malattie Rare per l’Iss: «Gli ultimi dati a disposizione ci mostrano che un numero consistente di malattie rare dell’apparato polmonare ha un’insorgenza in avanzata età: la mediana è fissata a 70 anni. Altre le vediamo partire dopo i 71. I numeri non esauriscono il tema delle malattie rare ma rimangono imprescindibili: è allora importantissimo lavorare sulla formazione dei medici che è il vero nodo: la formazione oggi viene fatta ma non come si dovrebbe. Dobbiamo lavorare insieme ai medici di medicina generale aumentando la loro soglia di sospetto diagnostico per le malattie rare».
Sul punto, ampia condivisione anche nell’intervento di Annalisa Scopinaro: «Serve tempo al medico per ascoltare i pazienti, serve un clima di condivisione, bisogna individuare nella storia clinica quel marker che permette di individuare precocemente una malattia rara». Paola Binetti si è personalmente impegnata ad «inserire nel “Ddl Semplificazione” misure concrete per dare risposte a questi temi. Il ministro Speranza si attivi, i pazienti affetti da malattie rare hanno bisogno di un piano specifico per vivere e per sopravvivere».
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO