Nella VI edizione del Congresso nazionale di Gastroreumatologia – SIGR all’Hotel Ergife di Roma si è parlato anche di malattie rare per cui è necessaria una diagnosi differenziale per evitare ritardi nella diagnosi e nel trattamento delle patologie
Le malattie rare e la loro difficoltà ad essere diagnosticate si affacciano alla VI edizione del Congresso nazionale di Gastroreumatologia – SIGR all’Hotel Ergife di Roma. “L’obiettivo è quello di sensibilizzare tutti i medici, e ancor di più gli specialisti reumatologi e gastroenterologi ad intercettarle in modo tempestivo – puntualizza la dottoressa Palma Scolieri, curatrice della sessione, dirigente medico e specialista in reumatologia presso l’UOC di Medicina Interna dell’ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma – Escluderne la diagnosi è importante quanto arrivare ad accertarla.
Se la diagnosi è precoce e puntuale, si può modificare in maniera determinante il decorso della malattia. Reumatologi e gastroenterologi devono essere in grado di sospettare la patologia e lavorare in modo tempestivo sulla diagnosi differenziale, diagnosi che si basa sulla combinazione delle manifestazioni cliniche e, data la rarità, la maggior parte dei medici potrebbe non avere molta familiarità con questa malattia e i relativi sintomi. Purtroppo, tantissimi pazienti devono fare i conti con enormi ritardi nell’ottenimento della diagnosi e del trattamento appropriato. Per esempio, da uno studio è emerso che i pazienti attendono in media quasi tre anni prima di ricevere la diagnosi della malattia di Behçet”.
Le malattie rare costituiscono un ampio ed eterogeneo gruppo di malattie definite dalla bassa prevalenza nella popolazione, 5 pazienti per 100.000 abitanti, circa il 3% della popolazione. Nell’Unione Europea si stimano tra i 27 e 36 milioni di persone coinvolte, in Italia 1-2 milioni. Farmaci ad alto costo di ricerca e senza alternativa di cura, i farmaci orfani, necessità di assistenza ultraspecialistica e difficoltà a condividere esperienze cliniche complicano ulteriormente il percorso dei pazienti affetti da malattie rare.
“E’ fondamentale avviare uno scambio approfondito di conoscenze. Le due malattie rare che affrontiamo oggi, la malattia di Fabry e quella di Behcet, presentano sintomatologie simili a patologie infiammatorie croniche intestinali, quali il morbo di Crohn e la Colite Ulcerosa – continua la dottoressa Scolieri – Nel caso della Fabry, la diarrea e il dolore addominale, il precoce senso di sazietà, la nausea post-prandiale sono sintomi sovrapponibili a quelli riscontrati in altre condizioni morbose. Ciò può provocare un ritardo della diagnosi. E’ importante dunque che il gastroenterologo faccia rientrare la malattia di Fabry in diagnosi differenziale per arrivare a terapia sostitutiva dell’enzima alfa-galattosidasi, ottenuta da cellule geneticamente modificate”.
La malattia di Fabry è dovuta ad accumulo lisosomiale di glicosfingolipidi nei tessuti viscerali e nell’endotelio dell’intero organismo. Ciò provoca danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale. La sintomatologia è caratterizzata sintomi di tipo sistemico come stanchezza, febbre e sintomi che possono interessare più organi ed apparati. Dolore di tipo neuropatico urente (bruciore ad esempio), eruzioni cutanee, opacità corneali, disturbi dell’udito, problemi renali, cardiaci, del sistema nervoso centrale possono presentarsi in modo frequente.
“Nel caso della malattia di Behcet, malattia rara che colpisce soprattutto i giovani, nella fascia di età compresa tra 20 e 40 anni, alla sintomatologia gastrointestinale si aggiunge nel 50% dei pazienti un’artralgia relativamente lieve o un’artrite franca, che interessa in particolare il ginocchio e altre grandi articolazioni – interviene il dottor Pietro Leccese, Dipartimento di Reumatologia Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza – In Italia, la prevalenza della Malattia di Behcet varia da 3.8 casi per 100.000 soggetti nel Nord a 15.9 casi per 100.000 soggetti al Sud Italia. Non è una malattia genetica sebbene siano stati descritti casi familiari. I quadri clinici possono essere diversi e non vi sono test di laboratorio o radiologici. Questi elementi rendono ragione del fatto che la diagnosi è spesso tardiva o non corretta rendendo necessario il consulto di specialisti esperti”.
La malattia di Behcet è attualmente considerata una “malattia auto infiammatoria” scatenata da infezione e fattori ambientali in soggetti geneticamente predisposti. E’ una vasculite cronica multisistemica recidivante, con infiammazione delle mucose. Le manifestazioni comuni comprendono ulcere orali ricorrenti, infiammazione oculare, ulcere genitali e lesioni cutanee. Può essere presente infiammazione delle sacroiliache. Le manifestazioni più gravi includono cecità, manifestazioni neurologiche o gastrointestinali, trombosi venose e aneurismi arteriosi. La diagnosi è clinica e si basa su criteri internazionali. La terapia è principalmente sintomatica, ma può includere l’uso di corticosteroidi con o senza altri immunosoppressori per manifestazioni più gravi. L’incidenza varia in base alla posizione geografica. La malattia di Behçet è più diffusa lungo la “via della seta”, dal Mediterraneo alla Cina.
“La conoscenza dei segni e dei sintomi è essenziale per gestire la malattia – conclude Scolieri – In questa sessione congressuale sulla malattia di Behçet, si sono voluti evidenziare i cinque segni e sintomi più comuni che possono svilupparsi durante la progressione della malattia, (ulcere della bocca, ulcere genitali, ulcere cutanee, infiammazione oculare, dolore e gonfiore articolare), nella speranza che sempre più pazienti possano assumere il controllo della loro condizione parlandone al proprio medico e ricevendo il trattamento nel più breve tempo possibile”.