Una su due decide di non avere figli. È il bilancio allarmante dell’indagine presentata da HPS-AboutPharma e Onda che ha segnalato una percentuale alta di donne in età fertile affette da patologie reumatiche non informate su loro malattia
Ben tre milioni e mezzo di italiane soffrono di malattie reumatiche. Per quelle in età fertile, avere una gravidanza, rappresenta anche un’incognita. La paura di non riuscire ad affrontare nove mesi di gestazione, seguiti poi, almeno nei primi quattro anni di vita del bambino, da un impegno fisico notevolissimo, spaventa tante donne affette da patologie reumatiche portandole, in alcuni casi, a rinunciare all’idea di diventare madri. Questo il bilancio che si evince dall’indagine condotta in 24 centri e presentata al convegno “La salute della donna con malattie reumatiche croniche in età fertile. Il valore della medicina di genere”, organizzato da HPS-AboutPharma e Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna. Nel dettaglio dalla ricerca emerge che di 398 donne con malattie reumatiche tra 18 e 55 anni, 1 su 2 teme la maternità, per paura di non essere in grado di prendersi cura del bambino a causa della malattia e timore che la terapia farmacologica possa risultare dannosa per il bimbo (nel 32% dei casi) o preoccupazione di trasmettere al piccolo la malattia (16% dei casi). Per commentare questi dati e capire come procedere per cercare di affrontare questo problema Sanità Informazione ha intervistato Angela Tincani, Direttore del Reparto di Reumatologia degli Spedali Civili di Brescia.
Dottoressa, quanto è importante che una donna che soffre di malattie reumatiche si rivolga a fonti attendibili per avere informazioni sul suo stato di salute e sulla possibilità di concepire figli?
«È fondamentale. Ritengo che la giusta ottica deve essere quella di permettere alle donne con malattie reumatiche di avere una vita come quella di tutte le altre, quindi è necessario che si dia a queste pazienti la possibilità di programmare una vita familiare sia se si desidera come no di avere un figlio. Quindi quando il medico, insieme al farmacista, prescrivere un farmaco è necessario tenere in considerazione e informare debitamente la paziente sugli eventuali effetti collaterali rispetto ad una volontà contraccettiva o di concepimento».
Dall’indagine presentata da HPS-AboutPharma e Onda, sono emersi dati dai quali si evince che alcune donne rinunciano ad avere un figlio per paura di peggiorare il loro stato di salute o di non saper portare avanti una gravidanza. Occorre più informazione per sconfiggere questa paura?
«Sicuramente sì, l’informazione è importantissima. Molte donne rinunciano ad avere figli perché temono che i farmaci danneggino i loro bambini, hanno paura di non riuscire a tirare su il bimbo dopo il parto oppure di riuscire a concludere felicemente la gravidanza. Siamo noi medici a dover sradicare queste paure, dando appunto corrette informazioni e seguendo con un approccio multidisciplinare tutto l’iter psicologico e fisico della paziente».
Cosa intende per approccio multidisciplinare?
«Noi specialisti reumatologi non bastiamo per abbattere queste paure, servono sicuramente delle figure collaterali come quella del ginecologo, del pediatra, del farmacista. L’obiettivo dovrebbe essere quello di collaborare tutti allo stesso modo senza che nessun professionista si senta lui ‘il protagonista’ perché la figura da mettere al centro dell’attenzione è la paziente e tutti gli specialisti intorno, a cerchio, devono saperla supportare ognuno con le proprie competenze. Tuttavia, purtroppo oggi in Italia ancora non esistono strutture ‘ufficiali’ dove è possibile procedere con un approccio multidisciplinare. È pur vero che in alcune Regioni vari specialisti si sono messi di buona volontà e hanno trovato i contatti per poter iniziare questo tipo di lavoro di gruppo che è indispensabile per sostenere le donne che soffrono di malattie reumatiche, soprattutto quando sono giovani».