Il Presidente SIR: “Influenza, Covid, Hpv e l’Herpes Zoster: tutte infezioni che per i nostri malati risultano più pericolose rispetto al resto della popolazione. Al reumatologo il compito di prescrivere i vaccini e indicare modalità e tempi che devono essere compatibili con le terapie”
In Italia tutti i pazienti reumatologici devono essere vaccinati contro le principali infezioni prevenibili. L’intero processo d’immunizzazione deve essere “personalizzato” sul singolo malato e va coordinato dallo specialista reumatologo. E’ questo il monito lanciato dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR) in occasione del suo 60° Congresso. “E’ fondamentale evitare alcune patologie che per un malato reumatico possono essere molto più pericolose che per il resto della popolazione – dice il professore Gian Domenico Sebastiani, Presidente SIR -. Esiste un’ampia letteratura scientifica che ha dimostrato in modo inequivocabile come le malattie reumatologiche siano responsabili d’infezioni più severe. Risulta maggiore il rischio di ospedalizzazioni anche per l’influenza stagionale. Oppure, soprattutto tra le persone colpite da artrite reumatoide, lo pneumococco può provocare gravi polmoniti o anche un infarto”.
“Per i pazienti interessati dal Lupus Eritematoso Sistemico esiste invece un aumentato rischio d’infezione da HPV. In Italia sono oltre 27mila e nella stragrande maggioranza si tratta di donne adulte e che non sono state immunizzate, da giovani, contro il virus”, aggiunge il professore Sebastiani. L’intero percorso di vaccinazione deve tenere conto di alcuni aspetti fondamentali come “l’età, il livello di immunosoppressione, la presenza di eventuali altre malattie o la tipologia di terapia assunta – continua il Presidente SIR -. Al reumatologo spetta il compito di guidare l’intero processo, prescrivere i vaccini e in particolare indicare modalità e tempistiche che devono essere compatibili con i trattamenti. Esistono tuttavia alcune regole generali e, per esempio, tutti i vaccini vanno somministrati nelle fasi di remissione clinica di malattia. I vaccini vivi sono generalmente controindicati e solo in caso di necessità dovrebbero essere somministrati almeno 4 settimane prima di iniziare la terapia immunosoppressiva”.
Dal suo più importante appuntamento annuale la Società Scientifica rinnova l’invito a tutti i fragili alla vaccinazione anti-Covid. “Il paziente reumatologico va protetto il più possibile contro il SARS-CoV-2 – aggiunge Nicola Ughi, Dirigente Medico presso la Reumatologia dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano -. Raccomandiamo a tutti la quinta dose che sarà disponibile in alcune Regioni, per l’intera popolazione a prescindere dall’età o dalla presenza di gravi malattie croniche. Nelle strutture sanitarie della Penisola stiamo assistendo ad un aumento di casi di persone ospedalizzate a causa del Coronavirus-19. E’ un pericolo reale che però possiamo evitare grazie all’immunizzazione”.
“Come SIR siamo stati i primi in Europa ad avviare un registro su Covid e malattie reumatologiche – afferma Carlo Alberto Scirè, Professore Associato di Reumatologia all’Università Bicocca di Milano -. Dal 2020 al 2021 abbiamo coinvolto e raccolto i dati di più di 1.800 pazienti con l’obiettivo di valutarne gli esiti dell’infezione rispetto alla popolazione generale. Abbiamo riscontrato come il rischio di contrarre il Covid sia leggermente maggiore mentre la prognosi è peggiore. Vi sono tassi più alti di ospedalizzazioni o di ricorso a cure intensive in particolare per le malattie reumatologiche più severe”.Tuttavia i pazienti in trattamento immunosoppressivo possono non rispondere adeguatamente alla vaccinazione, per questo come precisato dal Presidente Sebastiani “in aggiunta alla vaccinazione sono comunque disponibili terapie a base di anticorpi monoclonali che possono proteggere il paziente immunocompromesso e preservarlo dal rischio di forme severe di Covid-19”.
“Le vaccinazioni rappresentano uno strumento estremamente efficace di prevenzione e controllo di molte malattie – prosegue il prof. Andrea Doria, Presidente Eletto SIR -. Vanno perciò incrementati i tassi d’immunizzazione che ora risultano ancora bassi e non solo per i nostri assistiti. Basti pensare che nell’intera popolazione italiana solo il 20% si vaccina contro l’influenza stagione che è invece fortemente raccomandata a tutti i pazienti reumatologici e caregiver. L’avvento dei farmaci biologici, oltre vent’anni fa, ha aumentato fortemente le prospettive di cura per gravi patologie che fino ad allora erano anche fatali. Per questo dobbiamo sempre più interessarci a 360 gradi della salute dei malati e quindi anche alla prevenzione delle infezioni. Per esempio, il rischio di quella da Herpes Zoster risulta addirittura triplo e le possibili complicanze sono molteplici. Si calcola che circa il 30% dei pazienti reumatologici, che contraggono infezione da virus del ‘Fuoco di Sant’Antonio’, va addirittura incontro ad un ictus cerebrale. Ora abbiamo a disposizione un nuovo vaccino ricombinante, quindi una proteina. Può essere somministrata anche a chi sta ricevendo terapie a base di immunosoppressori senza dover interrompere le cure”.
Il congresso nazionale della SIR di Rimini vede la partecipazione di oltre 1.500 specialisti da tutta Italia e di 160 relatori per un totale di 60 sessioni e 6 Hands On. Si tratta del più importante appuntamento della reumatologia italiana ed è anche l’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca scientifica. “Nel nostro Paese sono attivi centri di assoluta eccellenza per la ricerca sulle malattie reumatologiche – conclude il prof. Ennio Lubrano di Scorpaniello, Vicepresidente SIR -. Tra le varie malattie, le artriti più gravi e le varie patologie rare insidiano ancora notevolmente la qualità di vita di un numero crescente di uomini e donne. C’è quindi l’assoluta necessita di incentivare studi e sperimentazioni per la messa a punto di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato