Lo studio condotto a livello globale e pubblicato sulla rivista Cell ha campionato le linee dei trasporti urbani. Prevista prossimamente mappatura a livello ospedaliero
La più vasta popolazione di ogni luogo della terra, dalle foreste alle metropoli, è invisibile. Miliardi di microrganismi, molti dei quali ancora sconosciuti, colonizzano da sempre qualsiasi superficie, e camminano, si diffondono e si trasmettono attraverso di noi. Il microbioma dell’ambiente che ci circonda racconta molto del luogo in cui viviamo e può predire i rischi che corriamo. Mappare le colture batteriche dei centri urbani per comprendere meglio le vie di propagazione di microrganismi e virus nell’ambiente, e contribuire ad evitare la diffusione di microrganismi potenzialmente coinvolti nella trasmissione dell’antibiotico-resistenza, sarà un’arma preziosa nelle mani del genere umano da qui al prossimo futuro dal punto di vista epidemiologico.
Da questi obiettivi ha preso le mosse lo studio, a livello globale, portato avanti dal consorzio internazionale MetaSUB – Metagenomics and Metadesign of Subways and Urban Biomes, coordinato dal Professor Christopher Mason della Weill Cornell Medicine di New York. Un progetto che, attraverso l’analisi dell’aria e delle superfici della rete dei trasporti urbani, ha permesso di mappare per la prima volta nella storia il microbioma urbano di 60 città nel mondo, caratterizzandone le biodiversità.
Uno studio di cui è entrata a far parte anche l’Italia attraverso il campionamento della città di Napoli. Al consorzio MetaSUB, infatti, partecipa anche l’Università di Napoli Federico II e la sua Task Force per gli sctudi sul microbioma. Un team di ricercatori del dipartimento di Agraria ha effettuato il campionamento delle superfici della Linea 1 della Metropolitana di Napoli, partecipando al Global City Sampling Day (gCSD).
A partire dal 2016, infatti, il 21 giugno di ogni anno, i ricercatori di tutto il mondo hanno partecipato alla giornata dedicata alla raccolta di tamponi superficiali nelle stazioni ferroviarie, metropolitane e sugli autobus delle 60 città prese in esame, distribuite in 6 continenti. I tamponi sono stati fatti su diverse superfici, all’interno delle carrozze e sulle banchine, come tornelli, biglietterie automatiche, panchine e scale mobili, corrimani e sostegni. «Proprio perché l’idea di partenza era cercare di capire quanti e quali batteri l’essere umano trasmette e deposita più frequentemente – spiega il prof. Danilo Ercolini, direttore del Dipartimento di Agraria presso la Federico II – abbiamo scelto l’”ecosistema” del trasporto pubblico urbano, in quanto densamente frequentato da una moltitudine eterogenea di persone. Nel campionamento – aggiunge – è stato ovviamente tenuto conto anche dei tassi di umidità e delle temperature».
Analizzando circa 5.000 campioni raccolti in 4 anni, attraverso metodiche avanzate basate sull’analisi dei genomi dei microrganismi presenti su queste superfici, è stato possibile creare una mappa globale del microbioma urbano. I risultati dello studio, recentemente pubblicati sulla rivista Cell, hanno portato all’identificazione di più di 4.200 diverse specie di virus e batteri, molti mai identificati prima, creando il primo catalogo mondiale della diversità microbica negli ecosistemi urbani.
Ogni città presenta un microbioma caratteristico, selezionato dalle specifiche condizioni climatiche e che permette di distinguerla dalle altre. «Nella città di Napoli, ad esempio, è stata ritrovata una vasta gamma di microrganismi di origine marina – spiega Ercolini – e batteri di tipo lattico, che si trovano normalmente in alimenti fermentati. È chiaro che in città o addirittura nazioni con situazioni climatiche sovrapponibili – osserva – sia possibile riscontrare similitudini e parallelismi nei microbiomi».
I risultati di questo studio, archiviati in un database, possono aprire nuovi orizzonti nel campo della prevenzione e del monitoraggio. «Se un domani dovessimo imbatterci in una pandemia di origine batterica – afferma Ercolini – attraverso i dati in nostro possesso potremo risalire alle zone di maggior diffusione anche all’interno di una singola città. Un altro progetto in fieri prevede infatti lo stesso tipo di mappatura ma all’interno degli ospedali. Anche qui, attraverso i dati raccolti e archiviati – conclude il prof. – sarà possibile anche incrociare le mappature e a seconda degli ambienti campionati, poter avere risposte dettagliate su diffusione e valutazione del rischio».
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