Partito lo scorso weekend il progetto di riabilitazione per pazienti onco-ematologici dell’associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma. «Due giorni di condivisione con altri pazienti in remissione sul lago di Garda per riprendere in mano la mia vita e riprovare a darle un senso. Ora dobbiamo andare avanti arricchiti dall’esperienza fatta e con il sostegno di Ail»
Marco ha 33 anni quando scopre di avere un linfoma non Hodgkin. È costretto a rallentare, fermarsi, cambiare le priorità della sua vita. Fa due cicli di chemioterapia e poi un autotrapianto. Le difese immunitarie vengono azzerate e il Covid non aiuta. Per vincere la sua battaglia deve restare oltre un mese in camera sterile, lontano da tutto e da tutti solo con i suoi pensieri. «È stato un percorso complicato – spiega – però poi le cure hanno dato un buon esito ed oggi sono qui a raccontare la mia esperienza». Marco a distanza di un anno dalla scoperta della malattia, ha ricominciato a lavorare e sta cercando di riprendere in mano la sua vita. Una rinascita possibile anche grazie ad Ail (associazione italiana linfomi) a cui si è iscritto per dare un senso a quanto gli è accaduto.
Marco è uno dei partecipanti al primo SAIL camp organizzato sul lago di Garda nel weekend del 14 e 15 maggio da Ail Brescia. Due giorni di attività fisica, dialogo, riflessioni a contatto con la natura in compagnia di altri pazienti che stanno lottando contro un tumore del sangue o un linfoma. «Quando ho saputo di questa bella iniziativa per me è stato un sogno poter partecipare. Ho fatto un viaggio lungo, circa 300 chilometri, perché sono partito da Cuneo. Ero l’unico ad arrivare da fuori regione, ma le sfide mi piacciono e potermi confrontare con altri pazienti è stato costruttivo». Il progetto, promosso dall’Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma e da AIL nazionale in collaborazione con Univela Campione del Garda e Andrew Simpson Fondation, ha lo scopo infatti di aiutare con un percorso di riabilitazione i pazienti onco-ematologici in follow up di tutta Italia.
Cinque i pazienti che hanno preso parte al primo SAIL Camp, con loro un team multidisciplinare composto da tre psicologi, un ematologo, un dietista e un educatore. Nella due giorni a Campione sul Garda tre donne e due uomini pazienti oncologici in remissione si sono misurati in attività di carattere sportivo, tra cui un’uscita in barca a vela. «La sensazione è stata di rinascita – racconta Marco – tenere il timone di una barca a vela in mezzo al lago è stato come riprendere in mano la propria vita e riprovare a darle un senso. Ora dobbiamo andare avanti arricchiti dall’esperienza fatta e con il sostegno di Ail».
Silvia, Alessia e Elsa sono le psicologhe di Ail che hanno costruito il programma e accompagnato i pazienti durante il camp. «Abbiamo scelto un gruppo omogeneo già impegnato in un percorso psicologico in ospedale – raccontano -. In un primo momento la risposta è stata tiepida. Ci aspettavamo numeri più alti, invece la paura di allontanarsi da casa, di non poter condividere con i famigliari l’esperienza, di dividere la stanza dell’hotel con altre persone, ha creato un po’ di resistenza, ma chi ha osato ha avuto le risposte che cercava».
Se l’uscita in barca a vela è stato il momento clou della due giorni, le passeggiate tra la natura, l’appuntamento con il dietista e l’attività di rilassamento hanno permesso ai pazienti di ascoltare il proprio corpo, di sciogliere le tensioni e ritrovare quella sensazione di benessere smarrita a causa della malattia. «L’idea di proporre questi momenti ha voluto essere per i pazienti uno stimolo verso una nuova normalità – evidenziano le psicologhe -. È stato gratificante vedere in loro la voglia di partecipare, di condividere, di mettere al servizio di altri pazienti la propria esperienza».
Esaurito il primo appuntamento, i prossimi weekend a Campione del Garda si terranno l’11-12 giugno; il 9-10 luglio e il 24-25 settembre. I partecipanti provenienti da tutta Italia saranno 10 per ogni data, non potranno avere accompagnatori e alloggeranno in camere doppie o triple, «per costruire un senso di comunità», concludono le psicologhe.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato