L’obbligo di indossare la mascherina nei seggi ha diviso la comunità scientifica. Non tutti concordano sulla sua utilità
Gli elettori e i componenti dei seggi per il referendum e le elezioni amministrative previste per il prossimo 12 giugno hanno l’obbligo di indossare la mascherina chirurgica. È una misura prevista dal protocollo sanitario Lamorgese-Speranza che sta facendo discutere. Non solo tra i politici, ma anche tra gli scienziati. Non tutti infatti sono d’accordo infatti sull’utilità di questa misura. Molti temono che l’obbligatorietà della mascherine alle elezioni possa lanciare un messaggio contraddittorio.
«Non vedo aspetti positivi», dice Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino (GE) a Sanità Informazione. «Credo sia una decisione deleteria e contradditoria che non contribuisce alla credibilità del processo decisionale e delle istituzioni sanitarie», aggiunge. «In un momento in cui le restrizioni vanno ad allentarsi – spiega l’infettivologo – e il cittadino viene lasciato libero di partecipare ad eventi sociali come concerti, cinema, teatro, stadio e discoteca, l’obbligo di mascherina per il referendum è una completa contraddizione. Bisogna ipotizzare, inoltre, che per effettuare il riconoscimento in fase di votazione si chiederà agli elettori di abbassare il dispositivo di protezione. Si tratta di una decisione meramente burocratica non supportata da evidenze e dati scientifici».
«Le mascherine alle urne hanno un senso e hanno un’utilità. Sono una giusta misura di attenzione in un momento di assembramento istituzionale», dice il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano. Aggiunge Massimo Galli, già direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano: «È evidente che la sicurezza al 100% ai seggi elettorali non è possibile, sul piano dei contagi Covid. Ed è chiaro che un evento elettorale come qualsiasi evento che possa comportare una concentrazione di persone, vada considerato con tutte le cautele del caso, adottando le necessarie misure di protezione, dalla mascherina al distanziamento». Giuste, dunque, le indicazioni per limitare i rischi per tutti. E in particolare per «le persone addette ai seggi», più esposte, che debbono «essere tutelate», sostiene Galli.
«Si poteva evitare. Se è una misura anacronistica? Secondo me sì», dice Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Non si capisce – aggiunge – perché le urne per le votazioni debbano essere uno spazio ‘extraterritoriale’ rispetto al resto del Paese, dove l’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi è caduto quasi ovunque ormai. La durata della sosta tra l’altro è brevissima. A livello scientifico non ci sono i fondamenti, a mio avviso».
«Oggi anche in Italia abbiamo a che fare con un virus che circola ancora e indossare la mascherina in luoghi chiusi e a rischio di affollamento e code è sempre meglio» spiega Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. «Rimane, l’ho sempre sostenuto, un presidio importante anche in virtù del fatto che la variante Omicron BA.5 è leggermente più contagiosa di tutte le precedenti. Non molliamo proprio ora l’attenzione che ci ha contraddistinto».
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