Triassi (Federico II): «Procediamo per gradi, nelle scuole rimangano le chirurgiche»
Dopo aver detto addio alle mascherine all’aperto, gli italiani si preparano a un altro passo importante dopo più di due anni di pandemia e soprattutto dopo la fine dello stato di emergenza decretato lo scorso 31 marzo: poter fare a meno di indossare la mascherina anche nei luoghi chiusi.
Il 1° maggio dovrebbe essere la data fatidica, ma complice una curva di contagi non ancora del tutto rassicurante e forse anche lo scarso livello di adesione alla seconda dose booster, non è escluso che il governo faccia un passo indietro. Come in tutte le occasioni in cui c’è stato da decidere se modificare o meno una prassi dettata da ragioni epidemiologiche in vista di un miglioramento reale o tendenziale della curva pandemica, gli schieramenti sono quelli degli aperturisti e chiusuristi.
Se da un lato ormai chiunque ha preso coscienza dell’importanza delle buone pratiche di prevenzione e dimestichezza con l’uso dei dispositivi di protezione individuale, non si può negare che delle mascherine si continua a fare spesso un uso non propriamente conforme ai dettami originari. Dalla stessa Ffp2 utilizzata per giorni e giorni, alla chirurgica riposta in tasca magari vicino ad oggetti potenzialmente contaminati (chiavi, cellulare), la riflessione da farsi è duplice. Perché se da un lato abbandonare definitivamente le mascherine potrebbe essere un salto nel vuoto, esponendoci letteralmente a viso aperto al virus, dall’altro continuare a usarle male, soltanto per rispettare una regola, potrebbe esporci a un rischio maggiore.
Di questo paradosso (ma non solo) abbiamo parlato con la professoressa Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli, già direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica nello stesso ateneo.
«Credo che la dirimente sull’uso o meno delle mascherine in luogo chiuso – afferma – sia data dal numero di persone che, caso per caso, occupa quel determinato luogo. Per intenderci, nei luoghi affollati l’obbligo dovrebbe restare in vigore. Così, come nelle scuole, in questi ultimi due mesi credo che lo sforzo di mantenere almeno le chirurgiche vada fatto, visto e considerato che la curva di contagi non frena in modo deciso. La strategia vincente dovrebbe essere quella di procedere per gradi: ad oggi resistiamo con le chirurgiche, domani quando la curva sarà ben puntata verso il basso, potremo pensare a liberarcene del tutto. È innegabile che nonostante la mitigazione data dai vaccini e dalla minore aggressività delle nuove varianti, la situazione epidemiologica non sia rosea come speravamo a questo punto: non mettiamo quindi il carro davanti ai buoi, non facciamoci prenderci dall’ansia del “liberi tutti”: allentiamo le restrizioni ma con discernimento».
«Una mascherina Ffp2 ha una efficacia di circa 12 ore, per cui un giorno la teniamo su, ad esempio, 6 ore, il giorno dopo possiamo benissimo riutilizzarla per il tempo rimanente, magari per essere più sicuri possiamo igienizzarla con uno spray. Ma più di due giorni non è assolutamente opportuno utilizzarla». Perché? «Perché non esiste solo il Covid-19, ma moltissimi altri virus e batteri. È chiaro che quindi il riutilizzo è controproducente e tanto più è frequente, tanto più aumentano le probabilità di contaminazione con innumerevoli agenti patogeni». E le mascherine di tessuto? «Inutili, quasi come non averle. O meglio, sono utili come copertura puramente estetica per le mascherine chirurgiche».
«Per dire definitivamente addio alle mascherine aspettiamo quel momento (e arriverà) in cui la pandemia sarà dichiarata socialmente finita, quando cioè la convivenza tra noi e il virus sarà pacifica e gestibile nell’ordinario».
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