«I CUG si sono riuniti in rete e negli ultimi dieci anni hanno lavorato per far sì che la medicina di genere diventasse un argomento di cui la sanità doveva occuparsi» ha sottolineato la presidente Barbara Garavaglia
Donne italiane più longeve, ma soggette a più patologie rispetto agli uomini. Un dato che nel 2019, grazie al prezioso lavoro dei Comitati Unici di Garanzia, ha di fatto segnato il passo di un cambiamento per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere.
«Partendo dagli anni ‘80 si è visto che le donne si curavano peggio degli uomini e si è arrivato al paradosso dove le donne vivono più a lungo, ma sono maggiormente malate – spiega Barbara Garavaglia, Presidente dei CUG -. Da qui si è capito che la medicina doveva tenere in considerazione differenze di sesso e genere. Allora i CUG si sono riuniti in rete e negli ultimi dieci anni hanno lavorato per far sì che la medicina di genere diventasse un argomento di cui la sanità doveva occuparsi. Insieme alle altre regioni siamo arrivati ad avere un piano nazionale per la medicina di genere che è stato approvato a giugno 2019 e ora tutti gli ospedali devono attrezzarsi per la medicina di genere».
Dalle sue analisi, dai dati che avete raccolto quali sono le principali discriminazioni cui le donne erano soggette?
«Non tutti sanno che le principali cause di morte delle donne sono le malattie cardiovascolari, mentre tutti pensano sia il tumore al seno. La donna non solo muore di malattie cardiovascolari soprattutto dopo la menopausa quando non ha più la protezione degli ormoni, ma presenta anche dei sintomi diversi dall’uomo con un infarto in atto. Quindi la medicina di genere deve conoscere anche quali sono i sintomi differenti con cui si manifesta la patologia. Poi c’è il grande campo della farmacologia dove ci sono differenze sostanziali, proprio perché la donna attraversa fasi della vita diverse, tra cui l’essere mamma. Senza contare che le donne venivano pochissimo arruolate nei trial farmaceutici, per cui sono sempre state maggiormente colpite dagli effetti collaterali».
Alla luce di questa rivoluzione, cosa cambierà?
«Tutti gli ospedali dovranno avere dei percorsi dedicati al genere. Non si tratta di una vera rivoluzione, ma di cambiare l’approccio alla patologia. Quindi cambieranno i percorsi diagnostico terapeutici e ci sarà molta più attenzione alle differenze di genere».