Salute 12 Febbraio 2025 12:02

Melanoma: “intestino su chip” prevede l’efficacia dell’immunoterapia

L'Ieo e il Politecnico di Milano mettono a punto un “intestino-su-chip” capace di predire la risposta all’immunoterapia nei pazienti con melanoma farmacoresistente. I dati sono pubblicati su Nature Biomedical Engineering
Melanoma: “intestino su chip” prevede l’efficacia dell’immunoterapia

Messo a punto un “gut-on-chip”, un modello miniaturizzato dell’intestino umano su un dispositivo delle dimensioni di un chip, in grado di riprodurre le caratteristiche principali dell’infiammazione intestinale e predire la risposta di pazienti con melanoma al trattamento con immunoterapia. Ad annunciarlo è stato un gruppo di ricercatori dell‘Istituto Europeo di Oncologia e del Politecnico di Milano, coordinati da Luigi Nezi, Group Leader del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia e Marco Rasponi, professore ordinario del Dipartimento di Elettronica, Informatica and Bioingegneria del Politecnico Milano. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature biomedical Engineering.

L’infiammazione intestinale è uno degli effetti collaterali dell’immunoterapia

L’interazione fra microbiota e immunoterapia è nota da tempo ed è il risultato sia di effetti sistemici, vale a dire la risposta immunitaria sollecitata nell’intero organismo dall’immunoterapia, che di processi locali, soprattutto a livello dell’intestino, dove vivono la maggior parte dei batteri che popolano il nostro organismo. Questi ultimi, tuttavia, si possono studiare solo in modelli animali, con tutte le loro limitazioni; infatti, non ci sono ragioni cliniche per sottoporre a colonscopia e biopsia al colon un paziente che riceve l’immunoterapia per melanoma. Eppure l’infiammazione intestinale è uno degli effetti collaterali principali di questo trattamento che spesso costringe ad interrompere la terapia. Da qui l’idea dei ricercatori di applicare al colon la tecnologia “organi-su-chip” con dettagli innovativi specificamente studiati per mettere a fuoco il legame fra microbiota intestinale e immunoterapia. “La tecnologia brevettata uBeat, di proprietà del Politecnico di Milano, è alla base del nostro nuovo modello di gut-on-chip“, dice Rasponi.

Ricreato il movimento peristaltico del tratto intestinale

“In origine, uBeat era stata sviluppata per riprodurre le contrazioni del muscolo cardiaco, quindi estesa alla simulazione delle condizioni biomeccaniche dell’articolazione del ginocchio”, spiega Rasponi. “In questo lavoro – continua – l’abbiamo invece applicata per ricreare il tipico movimento peristaltico del tratto intestinale. Grazie ai continui movimenti generati da uBeat, è possibile far differenziare le principali popolazioni intestinali a partire da organoidi umani, riproducendo su chip un ambiente altamente realistico. La capacità di guidare processi biologici così complessi mediante la sola ingegnerizzazione apre prospettive molto promettenti, soprattutto nella realizzazione di modelli in vitro umanizzati destinati a sostituire l’utilizzo di animali in numerosi ambiti”.

Individuate caratteristiche pro-infiammatorie nei pazienti che non rispondono all’immunoterapia

“Abbiamo scoperto che il microbiota dei pazienti con melanoma che non rispondo all’immunoterapia ha pronunciate caratteristiche pro-infiammatorie, che danneggiano l’integrità della barriera epiteliale dell’intestino e promuovono la produzione di molecole in grado di regolare il sistema immunitario”, spiega Mattia Ballerini, primo autore dello studio. “L’idea di studiare l’influenza che il microbiota intestinale – dice Nezi – esercita sulla risposta all’immunoterapia dei pazienti con melanoma, parte dai miei studi in USA. Ora, grazie all’interazione con il Politecnico di Milano, siamo riusciti a realizzare questo nuovo dispositivo, che ci ha permesso di studiare nel dettaglio i meccanismi molecolari attraverso i quali il microbiota interagisce con le cellule dell’epitelio intestinale“.

Un marker per prevedere al risposta all’immunoterapia

“Queste caratteristiche possono essere utilizzate in clinica – dice Nezi – come marker per prevedere la risposta ad immunoterapia e stratificare i pazienti, così da poter somministrare la cura solo a chi più probabilmente ne beneficerà. Si otterrebbe così un importante vantaggio in termini di qualità di vita dei pazienti e allo stesso tempo un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. Inoltre, l’utilizzo del nostro gut-on-chip potrà evitare a pazienti resistenti alla terapia il rischio di inutili effetti collaterali, dando ai loro oncologi la possibilità di somministrare eventuali terapie che li predispongano ad una migliore risposta”.

Nuove opportunità di sviluppo per terapie innovative

“Per far questo basterà prelevare un campione fecale e testarne gli effetti sul nostro gut-on-chip. Infine, è importante sottolineare che stiamo utilizzando questo sistema – continua Nezi – per studiare i meccanismi molecolari coinvolti nella risposta all’immunoterapia in altri tumori, dove i benefici per i pazienti risultano ancora marginali. Il nostro obiettivo è generare in questo modo nuove opportunità di sviluppo per terapie innovative basate sulla modulazione del microbiota intestinale, per fornire a sempre più pazienti l’accesso a cure efficaci”.

 

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