Le popolazioni più a rischio e le fasce di età più soggette all’infezione. L’intervista al Direttore dell’Area Microbiologia e Malattie infettive del Policlinico Gemelli:«Non c’è emergenza grazie ai vaccini»
#AllMeningitisMatters: è questo l’hashtag scelto per la World Meningitis Day 2018, la Giornata mondiale contro la Meningite, che si celebra il 24 aprile. Promotrice dell’iniziativa è la Confederation of Meningitis Organizations, l’unione di 43 associazioni del mondo, impegnate a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa grave malattia, insegnando a riconoscerne i sintomi e, soprattutto, diffondendo l’importanza della prevenzione.
La meningite è presente ovunque nel mondo, con la più alta incidenza nella cosiddetta “cintura (o fascia) della meningite” dell’Africa sub sahariana. «I casi in Italia ci sono, ma non viviamo una situazione di emergenza», ha rassicurato Roberto Cauda, direttore dell’Area Microbiologia e Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma. «Un risultato – ha sottolineato il professore – ottenuto grazie alla diagnosi precoce ed ai vaccini». E per fare prevenzione ci vuole innanzitutto informazione.
Professore, facciamo chiarezza cominciando dalla definizione. Che cos’è la meningite?
«È un’infezione del sistema nervoso centrale, che può colpire soggetti di età diversa. È caratterizzata da un’estrema gravità che, in alcuni casi, può portare alla morte».
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Quali sono le diverse forme della patologia?
«Può essere di tipo virale o batterico. Le forme più frequenti sono quelle virali che, per lo più, sono benigne e non richiedono alcuna terapia. Per le forme batteriche, invece, esiste una terapia efficace. Si tratta di meningococciche, pneumococciche e da Haemophilus influenzae di tipo b».
Esistono dei sintomi chiari che possono metterci in allarme?
«Sono sintomi estremamente facili da riconoscere. È una malattia talmente grave che non può passare misconosciuta anche ad un osservatore non particolarmente attento. Si tratta di: febbre, mal di testa intenso, rigidità nucale e di alterazioni dello stato di coscienza, fino a quello di coma. Può essere importante – e questo lo ripeto sempre ai miei studenti – la precocità della diagnosi: è la rapidità dell’intervento a fare la differenza sulla sopravvivenza».
Ci sono delle fasce di popolazione più a rischio di altre?
«Sì, dipende dal tipo di meningite. Quella meningococcica, che si trasmette per via aerea, dunque nei luoghi maggiormente affollati, è più frequente tra gli adulti e gli adolescenti. Per la meningite da pneumococco sono soprattutto le età estreme della vita, i molto piccoli e gli over 65 o i portatori di malattie, ad essere più a rischio. La meningite da Haemophilus influenzae di tipo b è quasi scomparsa grazie alla vaccinazione, ma comunque colpisce prevalentemente l’età pediatrica».
Esistono dei vaccini. Quali sono quelli oggi a disposizione e per quali ceppi?
«C’è il vaccino contro Haemophilus influenzae di tipo b, introdotto nella metà degli anni ’90, fa parte delle 10 vaccinazioni obbligatorie. Esistono dei vaccini per la forma meningococcica B e meningococcica C, i due ceppi circolanti in Italia. Esiste un vaccino quadrivalente per il meningococco, che viene soprattutto impiegato per soggetti che vanno in aree endemiche, specie dell’Africa, dove la malattia è più presente. Esistono vaccini efficaci per lo pneumococco. Quest’ultimo vaccino, non obbligatorio, con quello contro il meningococco, è fortemente raccomandato in quei soggetti che per età o per condizioni sottostanti possono avere un rischio maggiori di altri».