Riva (HTLAB): « La realtà “phygital”, la fusione di “physical” e “digital, è il valore aggiunto del metaverso. Le cyberemozioni sono in grado di trasformare l’esperienza soggettiva come le emozioni vissute nel mondo reale»
Un giorno, forse neanche troppo lontano, non esisterà più alcuna differenza tra il mondo reale e l’universo virtuale. O meglio, non saremmo più in grado di distinguerli, tanto sarà il coinvolgimento di anima, mente e corpo in entrambe le realtà. In particolare sarà la realtà “phygital”, un termine che deriva dalla fusione di “physical” e “digital” e indica la crescente ibridazione tra mondi reali e virtuali, a cambiare definitivamente le carte in tavola. «La realtà “phygital” è il valore aggiunto del metaverso, ciò che lo differenzia dalla realtà virtuale in cui, ad esempio, è possibile immergersi utilizzando degli appositi visori», dice il professor Giuseppe Riva, direttore del Humane Technology Lab (HTLAB) dell’Università Cattolica, il Laboratorio dell’Università Cattolica nato con l’obiettivo di investigare il rapporto tra esperienza umana e tecnologia, in un’intervista a Sanità Informazione.
Grazie alla realtà “phygital” mondo fisico e mondo digitale si intrecciano. Il metaverso potrà essere popolato di “gemelli” virtuali del mondo reale. «Pensiamo ad esempio ad un elettrodomestico di uso comune come una lavatrice – racconta il professore -. Creando un gemello virtuale nel metaverso della lavatrice che abbiamo dentro casa avremmo la possibilità di attivarla anche quando siamo fisicamente lontani, semplicemente entrando nel metaverso. Ancora, creando il gemello digitale di un’automobile a guida automatica potremmo farlo allenare all’interno del metaverso per migliaia di chilometri per poi trasferire quel bagaglio di conoscenze nel computer di bordo dell’automobile reale, ottimizzando al massimo le sue competenze senza che percorra nemmeno un chilometro su delle strade vere e proprie, azzerando così qualsiasi tipo di rischio».
Qualcosa di analogo può accadere anche nelle nostre menti. «Le cyberemozioni, quelle vissute all’interno del metaverso, sono in grado di trasformare l’esperienza soggettiva, proprio come finora quelle vissute nel mondo reale hanno influenzato e guidato i nostri comportamenti». E in virtù di questa sua capacità di “trasformare” i comportamenti degli esseri umani, il metaverso potrà divenire, in futuro, lo scenario per la realizzazione di nuovi approcci terapeutici. Potrà essere il luogo in cui “curare” disturbi dell’umore o fobie e al tempo stesso per indurre modifiche comportamentali con un impatto sia individuale sia sociale.
«Grazie alla crescente integrazione di tecnologie come la realtà virtuale, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale nel tessuto della nostra esistenza, potremmo sperimentare nuove forme di emozioni che non avevamo mai provato prima – spiega Riva -. In questo senso è la presenza il plusvalore del metaverso, ovvero quella sensazione di essere e agire in un mondo non reale, ma percepito come tale. Quando un individuo entra nel metaverso si sente effettivamente presente, sia a livello fisico che emozionale». I più scettici potrebbero obiettare che anche un film suscita emozioni, «ma in questo caso – sottolinea il professore – si tratta di emozioni da rispecchiamento e non derivanti da un’esperienza vissuta in prima persona».
Gli effetti suscitati dal metaverso sono stati misurati attraverso studi ad hoc. «Proponendo del cibo all’interno del metaverso – spiega Riva – abbiamo constatato che dalla visione di quelle pietanze scaturivano reazioni analoghe a quelle suscitate dal cibo reale nel mondo reale». Gli esperimenti sono stati estesi anche all’analisi di alcune fobie. «Immaginiamo una persona che ha paura dei cani. Incontrando un cane nel metaverso proverà il medesimo timore percepito nel mondo reale. Ma nel metaverso quel cane potrà essere “manipolato”, facendolo diventare di dimensioni più piccole o rendendolo immobile. Manipolare la realtà all’interno del metaverso significa poter gestire l’esposizione di un soggetto ad un determinato stimolo. Nel caso di una fobia si potrà proporre un’esposizione graduale che, alla fine del percorso, riproducendo scene reali preparerà in soggetto in questione ad “affrontare” un cane in carne ed ossa».
La cura delle fobie è solo un primo passo. «Sappiamo che il metaverso funziona per il trattamento di fobie specifiche, ora puntiamo alla gestione dell’ansia generalizzata – dive Riva – . Intendiamo potenziare le forme di rilassamento attualmente in uso trasferendo l’esperienza all’interno del metaverso. Le persone potranno ritrovarsi in alta montagna, in riva al lago, o nel luogo che più preferiscono, in una frazione di secondo. Estraniarsi dal contesto di cui ci si trova – conclude il professore – rappresenta uno dei maggiori ostacoli al raggiungimento di una totale efficacia delle tecniche di rilassamento».
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