In Italia, ogni anno, oltre 750mila migranti sanitari: per la maggior parte sono donne che hanno ricevuto una diagnosi di cancro o di una patologia cardiaca, hanno un’età media di 45 anni, almeno un figlio e risiedono in piccoli comuni del Sud Italia o delle Isole. L’identikit di ‘A Casa Lontani Da Casa’
Percorrono lunghe distanze e, pur di assicurarsi le cure migliori, restano lontano da casa anche per molti mesi. Sono i migranti sanitari: in Italia ogni anno se ne contano oltre 750mila. Per la maggior parte sono donne che hanno ricevuto una diagnosi di cancro o di una patologia cardiaca, hanno un’età media di 45 anni, almeno un figlio e risiedono in piccoli comuni del Sud Italia o delle Isole. A tracciare l’identikit del migrante sanitario è “A Casa Lontani Da Casa”, una rete nazionale di alloggi e servizi solidali, attraverso la ricerca “Curarsi lontano-Uno sguardo sulla migrazione sanitaria. Dati e prospettive”, commissionata a Doxapharma.
Il 78% dei migranti sanitari coinvolti nell’analisi ha viaggiato oltre i 200 km. La meta più ambita è la Lombardia: ogni anno accoglie oltre 200mila malati provenienti da altre regioni. I pazienti in trasferta sono concentrati soprattutto a Milano, dove è presente più del 50% dell’offerta sanitaria regionale, compresi alcuni centri di eccellenza che erogano cure più innovative e meno invasive. Nella classifica delle destinazioni più raggiunte dai migranti sanitari seguono l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Lazio.
I dati trovano conferma anche nell’ultima rilevazione sulla mobilità sanitaria dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), secondo la quale, a partire dal 2021 sono tornati a crescere i ricoveri ospedalieri interregionali, soprattutto al Nord Italia. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono in testa alla classifica delle regioni più visitate per motivi sanitari. Una ripresa della migrazione sanitaria nel post pandemia è dimostrata anche dai dati economici: il giro d’affari è tornato a superare i 4,3 miliardi, in linea col dato del 2019 (report Osservatorio Gimbe).
La ricerca “Curarsi lontano-Uno sguardo sulla migrazione sanitaria. Dati e prospettive” ha coinvolto 250 persone che si sono curate in un ospedale diverso da quello del proprio comune di residenza negli ultimi 12 mesi e che hanno ricevuto un trattamento medico o chirurgico tale da dover trascorrere almeno una notte fuori casa. L’analisi evidenzia anche che il tempo medio di permanenza in un’altra città è di circa 7 giorni. Ed è proprio qui che entrano in gioco realtà come ‘A Casa Lontani Da Casa’, che riunisce oltre 50 associazioni in Italia, 108 case di accoglienza – di cui più della metà in Lombardia- con oltre 1.600 posti letti, offre aiuto concreto a tutti coloro che si trovano ad affrontare una trasferta sanitaria.
L’aiuto di ‘A Casa Lontani Da Casa’ si traduce in ospitalità a prezzi calmierati o gratuita nei pressi dei principali poli ospedalieri italiani, sostegno economico ai più bisognosi e psicologico gratuito agli accompagnatori. Per chi è a contatto quotidianamente con i migranti sanitari non contano solo i numeri del fenomeno, ma anche tutto ciò che ne è legato, dalle difficoltà economiche ai problemi riguardanti la ricerca di un alloggio, fino all’impatto emotivo che comporta un percorso di cura in uno luogo nuovo. “Il disorientamento è l’esperienza emotiva maggiormente descritta dalle persone che viaggiano per motivi di salute – dice Laura Gangeri, vicepresidente di A Casa Lontani Da Casa – .Un vissuto caratterizzato da ansia e confusione e che richiede una accoglienza che garantisca la presenza di riferimenti solidi sia per i bisogni pratici sia per quelli emotivi”.
Dalla ricerca è emerso che esiste ancora un gap importante tra la domanda di supporto da parte dei pazienti e le loro famiglie e la conoscenza delle realtà che, come ‘A Casa Lontani Da Casa’, possono aiutare concretamente chi affronta una trasferta sanitaria. Per questo è importante non solo fare emergere i volumi di un fenomeno che coinvolge tantissimi malati ogni giorno, ma anche trovare nuove modalità per aiutare chi, in questo viaggio della speranza ha più bisogno, coinvolgendo ancora di più – ma non solo- le realtà che afferiscono al Terzo Settore e all’ambito medico-sanitario.
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