Sul caso oncoematologia a Cosenza interviene Maria Concetta Galati, Direttore Ematoncologia Pediatrica dell’ospedale Pugliese – Ciaccio di Catanzaro che spiega: «La competenza non dipende dalla latitudine». E sottolinea: «Se una prestazione non la facciamo, siamo noi stessi a rivolgerci a centri più qualificati e a trasferire i pazienti dove possono proseguire la cura»
Come testimonia anche l’ultimo report Gimbe, il flusso della mobilità sanitaria da sud verso nord appare inarrestabile. La migrazione per cure verso regioni diverse da quelle della propria residenza ha raggiunto un valore di 3,3 miliardi e, come sottolinea l’associazione presieduta da Nino Cartabellotta, è un «fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra Regioni».
Dai dati Gimbe, però, mancano quelli della regione Calabria, che comunque registra un saldo negativo ed è forse una delle regioni con il più alto tasso di migrazione sanitaria. Abbiamo parlato di Calabria nel nostro “Viaggio nelle regioni” in cui abbiamo raccolto le difficoltà delle famiglie con piccoli pazienti oncoematologici di Cosenza dopo la chiusura del reparto dell’ospedale SS. Annunziata.
Eppure, l’alternativa regionale c’è e sono i centri di Catanzaro e di Reggio Calabria, entrambi nella rete AIEOP – Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica. A Catanzaro c’è la Struttura Operativa Complessa di Ematoncologia Pediatrica dell’Ospedale Pugliese-Ciaccio mentre a Reggio Calabria c’è il centro HUB regionale, l’Unità Operativa semplice a valenza Dipartimentale di Oncoematologia Pediatrica del GOM di Reggio Calabria, Centro SPOKE di II livello.
«Siamo spesso vittima della mala informazione – spiega a Sanità Informazione Maria Concetta Galati, Direttore Ematoncologia Pediatrica e del Dipartimento Oncoematologico del Pugliese-Ciaccio -. Da noi è radicata la convinzione che la competenza dipende dalla latitudine. C’è chi va fuori perché leggendo la stampa e ascoltando quello che si dice in giro pensa che non ci siano delle alternative».
Secondo Galati, un copione simile si era registrato anche durante l’emergenza Covid: «Un servizio metteva in evidenza le inefficienze del punto vaccinale di Crotone e concludeva che in tutta la Calabria la campagna vaccinale era un disastro. Ma non era affatto così: da noi l’hub vaccinale funzionava benissimo».
A Catanzaro ci sono sei posti di terapia semi intensiva e otto posti di day hospital di oncoematologia pediatrica. Sufficienti, secondo Galati, per una popolazione di due milioni di abitanti e con natalità in flessione. Va rilevato che in Calabria, tuttavia, ci sono delle prestazioni che non vengono eseguite, come i trapianti di midollo su bambini, un problema però di cui si fanno carico gli stessi ospedali «Facciamo parte di AIEOP e quindi se una prestazione non la facciamo, siamo noi stessi a rivolgerci a centri più qualificati e a trasferire i pazienti dove possono proseguire la cura – spiega Galati -. Però chiaramente è diverso fare 10-12 mesi di terapia in Calabria e poi andare a Roma o in un altro centro per proseguire. Una leucemia linfoblastica di rischio non elevato può essere tranquillamente curata da noi e invece spesso le famiglie portano i piccoli pazienti fuori regione con tutte le difficoltà dello spostamento».
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