Salute 26 Settembre 2019 09:00

Milano “capitale del cuore”, 1300 cardiologi per promuovere donazioni e prevenzione

A partecipare in collegamento dagli Stati Uniti anche Reginald Green, papà di Nicholas, il bambino ucciso 25 anni fa da una pallottola vagante sulla Salerno Reggio Calabria

di Federica Bosco
Milano “capitale del cuore”, 1300 cardiologi per promuovere donazioni e prevenzione

Incentivare la donazione degli organi e in particolare del cuore, è l’obiettivo alla base del messaggio di Reginald Green, papà di Nicholas, il bambino ucciso 25 anni fa da una pallottola vagante sulla Salerno Reggio Calabria, mentre con la famiglia era in vacanza in Italia. Papà Reginald, ora presidente della “Nicholas Green Foundation”, ha così partecipato, in collegamento dagli Stati Uniti, al 53esimo Convegno di cardiologia che si è svolto dal 23 al 26 settembre all’Hotel Marriott di Milano. Organizzato dalla Fondazione De Gasperis dell’Ospedale Niguarda, l’evento ha coinvolto 1300 cardiologi da tutta Italia ed ha acceso i riflettori su ”medicina senza sangue”, shock cardiogeno, rapporto tra cuore e cervello e sull’importanza della prevenzione.

«Questo è l’aspetto principale da cui deve partire tutta l’organizzazione sanitaria. – Commenta il professor Fabrizio Oliva, cardiologo dell’Ospedale Niguarda – Prevenire vuol dire rispettare stili di vita corretti, abolire il fumo, seguire una dieta equilibrata, fare movimento e periodici controlli che ci indirizzano su una migliore prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari. I temi principali affrontati durante questa quattro giorni riguardano pazienti a rischio cardiovascolare per il quale ci sono nuovi trattamenti farmacologici, con la possibilità di estendere questi trattamenti per periodi più lunghi con vantaggi sulla sopravvivenza dei pazienti. Ci sono terapie innovative sulle cosiddette patologie strutturali, ovvero le valvulopatie che possono essere corrette senza un intervento chirurgico, ma per via percutanea. Cerchiamo inoltre di affrontare temi che ancora hanno un impatto negativo come lo shock cardiogeno, che è un problema clinico, ma anche organizzativo e altre tematiche come i flussi reciproci che hanno il cuore sul cervello e viceversa e anche aspetti delle aritmie che sono rilevanti e per i quali ci sono oggi trattamenti di tipo innovativo».

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«Cuore e cervello vanno insieme – spiega Cristina Giannattasio, cardio center De Gasperis ASST Niguarda e Università Milano Bicocca – perché il cervello dà stimoli che condizionano l’attività del cuore anche in senso negativo e il cuore in alcune condizioni patologiche può indurre degli eventi che lo vanno a danneggiare. Ictus e infarto sono molto parenti perché la malattia di fondo che ne è origine e la causa ovvero l’arterioscleresi è una malattia sistemica ovvero non abbiamo mai una malattia solo localizzata in un distretto vascolare, ma è generalizzata. Quindi un paziente a forte rischio di avere un ictus è anche un paziente che ha un grande rischio di avere un infarto miocardico. Quindi oggi curando bene una delle due patologie si riduce la probabilità di avere un ictus dopo che ha avuto l’evento principale e questo vale anche per il paziente con ictus che, se ben trattato, avrà meno facilmente un evento avverso cardiaco».

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