Simone Bressan (Zipster): «I medici sono bravissimi a comunicare alla testa dei pazienti, ma ogni tanto dovrebbero prestare maggiore attenzione anche alla loro emozionalità, come fa Bebe Vio»
I pesci rossi credono molto meno degli umani alle fake news. Battute a parte, una ricerca Microsoft ha veramente studiato la loro soglia dell’attenzione stabilendo – non è dato ben sapere come – che riescono a stare attenti per 9 secondi consecutivamente. Una persona, mediamente, resiste solo 8 secondi. Ma cosa c’entra questa strabiliante scoperta con le fake news? C’entra, ed è Simone Bressan, fondatore della start-up Zipster che aggrega notizie con un filtro anti-bufale, a spiegarci perché.
«Se sappiamo che abbiamo solo 8 secondi per fare arrivare al destinatario l’informazione che vogliamo dare, dobbiamo cercare di colpirlo con qualcosa di eclatante. Questo ha fatto sì – continua Bressan – che molto spesso un sistema piuttosto furbo e intelligente, anche se con fini non proprio dei migliori, sia riuscito a scardinare l’algoritmo della nostra attenzione e a far diventare virali fake news che non sarebbero dovute circolare».
È molto più semplice cogliere l’attenzione di chi legge dicendo che un vaccino può causare una malattia, piuttosto che spiegare il concetto di immunità di gregge, allora. Le nuove generazioni, però, abituate a navigare in un mare di informazioni più delle vecchie, somigliano più ai pesci rossi. O meglio, hanno sviluppato la capacità di «capire con più facilità quali sono le fonti buone e quali sono quelle che devono essere scartate», spiega Bressan.
E questa differenza generazionale si riscontra sui social network, dove l’atteggiamento degli utenti rispetto ad argomenti spinosi, come quello dei vaccini, cambia proprio a causa del fattore demografico: «Instagram è popolata da utenti molto più giovani rispetto ai social network più datati come Facebook o Twitter – spiega Simone Bressan – e le ricerche che abbiamo fatto dimostrano che l’atteggiamento dell’utente medio di Instagram sull’argomento vaccini sia decisamente più positivo rispetto a quello dell’utente medio di Facebook o di Twitter».
Oltre a riporre tutte le nostre speranze nei Millennials, è però necessario capire in che modo è possibile colpire l’attenzione di chi ci legge o di chi ci guarda e rendere quindi la comunicazione, ad esempio proprio sui vaccini, veramente efficace. La soluzione proposta da Bressan è colpire la parte emozionale: «Non sempre dire la verità o avere i dati migliori aiuta ad essere efficaci in termini comunicativi, e questo vale anche per la comunicazione scientifica. Parlando sempre dell’obbligatorietà dei vaccini, credo che ad esempio la testimonianza di Bebe Vio sia straordinaria, anche se non è propriamente un tecnico della materia».
E i medici? Cosa possono fare per comunicare al meglio con i propri pazienti? «Cercare di parlare al cuore delle persone – risponde Bressan -. I medici sono certamente le persone più adatte a parlare alla testa dei loro pazienti, e riescono a farlo benissimo. Ma ogni tanto dovrebbero tenere in maggiore considerazione anche la loro emozionalità, soprattutto in una fase così complessa come quella che la nostra società sta attraversando, dovuta anche all’immersione in tante nuove piattaforme che ci permettono di comunicare e di ricercare informazioni che prima non riuscivamo a reperire. Abbiamo quindi bisogno – conclude Bressan – di essere rassicurati e di vivere in maniera empatica anche il rapporto con elementi che, per loro natura, sono razionali e freddi come la medicina».