Quattro gli obbiettivi generali basati su protezione della popolazione e dei sanitari e sul preservare l’economia e le attività. Previsto un aggiornamento periodico
Approvato all’unanimità il piano pandemico influenzale PanFlu 2021-23. Dopo un confronto tra la Conferenza delle regioni e il Ministero della Salute, è arrivato l’accordo sui contenuti del piano. «Dalle regioni è arrivato un contributo migliorativo che consente di guardare in termini ancora più positivi alle esigenze della prevenzione nel nostro Paese», ha dichiarato il presidente della Conferenza Stefano Bonaccini.
Tra i successi della Conferenza la promessa di stanziamenti adeguati da parte del governo e quella di un periodico aggiornamento dei contenuti, anche in base a richieste regionali. «Facciamo tesoro anche delle esperienze acquisite in questo durissimo anno di crisi sanitaria globale e mettiamo a sistema la capacità di reazione dell’Italia e del nostro Servizio Sanitario Nazionale», ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza.
È proprio il Ministero della Salute che avrà ruolo di «indirizzo, coordinamento, costante verifica e monitoraggio della capacità operativa delle regioni in relazione agli obiettivi strategici del piano pandemico». In tandem con l’Istituto Superiore di Sanità e con il coordinamento delle regioni.
Dopo la delibera dello stato di emergenza, la Protezione civile assicurerà il coordinamento delle strutture operative del Servizio nazionale per attuare la strategia operativa. Per le risorse sanitarie regionali, il coordinamento sarà affidato alla rete dei referenti sanitari (RSR) per le grandi emergenze.
Sono quattro gli obbiettivi generali del PanFlu, che si possono riassumere in quel “preparedness and readiness” (preparazione e prontezza) che sono state la principale richiesta dalla comparsa del virus:
A cui si aggiungono ulteriori obbiettivi specifici:
Il Piano segue le fasi definite dall’Organizzazione mondiale dalla Sanità sulla situazione globale che si presenta con ogni virus influenzale che presenti potenziale pandemico. Sono delineate in base alla progressione dell’epidemia e alle necessità di gestione.
Per prima la “Fase interpandemica“, in cui è prevista un’attività ordinaria di sorveglianza delle sindromi-simil-influenzali e virologica dell’influenza. Segue una “Fase di allerta“, in cui un nuovo sottotipo di influenza è identificato nell’uomo. In questa caso si aumenta la sorveglianza e si fa una valutazione del rischio a livello prima locale, poi nazionale e globale. Se i risultati delle analisi sono positivi si segue un processo di de-escalation.
In caso contrario si entra nella “Fase pandemica“, in cui inizia la diffusione globale del nuovo ceppo di influenza umana. All’interno di questa fase, in cui attualmente si trova il mondo, si trovano a loro volta: fasi acute, post-acute e di transizione. Quest’ultima quando l’incidenza del virus è bassa e non si assiste a un sovraccarico degli ospedali.
Infine la “Fase di transizione“, che segna la diminuzione del rischio a livello globale e un lento ritorno alle attività di prima, con riduzione progressiva delle attività emergenziali verso azioni di recupero specifiche per ogni paese.
«Mettere a punto un piano di preparazione nazionale per affrontare una pandemia influenzale – si legge – richiede oggi, anche alla luce della esperienza in corso con Sars-CoV-2, saper contestualizzare le misure rispetto alla specificità delle pandemie da virus influenzali, e allo stesso tempo la consapevolezza che queste sono una parte dei potenziali scenari che si possono verificare in relazione ad altri patogeni emergenti».
«L’Italia – conclude – si farà parte attiva nei confronti degli organismi europei e internazionali affinché i documenti guida siano orientati in tal senso al fine di poter elaborare e disporre nel più breve tempo possibile di un piano pandemico nazionale che comprenda tutte le patologie respiratorie ad alta trasmissibilità e patogenicità».
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