I ricercatori canadesi hanno indagato sui fattori che contribuiscono alla sensibilità al disturbo. Intervistate 21 persone – 19 donne e 2 uomini – reclutate da un gruppo di supporto online su Facebook
C’è chi tamburella le dita sul tavolo, chi dondola con un piede, o con tutta la gamba, avanti e indietro. Si tratta di movimenti per alcuni impercettibili e per altri insopportabili. Attenzione a chi rientra nella seconda categoria: potrebbe soffrire di Misokinesia (Mks), letteralmente ‘odio per i movimenti’. La repulsione può essere così forte da provocare un estremo disagio, brividi, rabbia, accelerazione del battito cardiaco e aumento della pressione sanguigna. Un problema poco studiato rispetto al suo ‘analogo’ uditivo, la misofonia, tanto da spingere un team di ricercatori – Sumeet M. Jaswal dell’University of British Columbia, Vancouver (Canada) e colleghi – a indagare in particolare sui fattori che contribuiscono alla sensibilità al disturbo. Il lavoro pubblicato su ‘Plos One‘ esplora le esperienze soggettive delle persone colpite, con l’obiettivo di orientare la ricerca futura e aumentare la consapevolezza clinica su un disagio che può avere un impatto significativo sulla vita personale, sociale e professionale di chi ne soffre.
Gli autori hanno condotto interviste con 21 partecipanti, 19 donne e 2 uomini, reclutati da un gruppo di supporto online su Facebook. Una donna racconta: “Quando vedo mio marito che piega le dita dei piedi, mi sento fisicamente male. Mi trattengo, ma potrei vomitare. Ho difficoltà a regolare la mia respirazione”. L’analisi ha rivelato tre temi principali: impatti interni cognitivi e affettivi, impatti sociali esterni e fattori pragmatici correlati ai ‘trigger’ che scatenano la Misokinesia e alle risposte. “I risultati – spiegano i ricercatori – forniscono una comprensione fondamentale della Misokinesia, evidenziandone le significative conseguenze personali e sociali e suggerendo aree per interventi mirati. Le intuizioni acquisite mirano a migliorare il riconoscimento clinico e supportare lo sviluppo di strategie di gestione efficaci”. Chi è disturbato dall’irrequietezza degli altri segnala una serie di risposte avversive, tra cui forti reazioni emotive, fisiologiche e comportamentali. “A nostra conoscenza – scrivono gli autori – solo due studi empirici fino ad oggi hanno affrontato la questione”, ma la causa sottostante alla Misokinesia è rimasta al momento “sconosciuta”. L’approccio adottato per la nuova ricerca è lo stesso usato per la misofonia. La Misokinesia, osservano gli esperti, merita attenzione perché “è altamente prevalente nella popolazione generale del Nord America, con circa un terzo delle persone campionate che auto-riportano un certo livello di misokinesia”.
Lo studio è stato focalizzato su alcuni aspetti in particolare: come la Misokinesia influisce sulla vita quotidiana e sulla routine di chi la sperimenta, quali tipi specifici di movimenti visti sono associati, quali tipi di reazioni o risposte evoca, quali tipi di meccanismi di adattamento sono impiegati per aiutare a mitigare gli impatti. Il risultato è una fotografia dettagliata di quello che succede. In primo luogo, i partecipanti allo studio hanno costantemente segnalato una “profonda perdita di concentrazione e pazienza” quando esposti a movimenti o suoni scatenanti. “Perdo la sanità mentale“, “non riesco a ignorare il suono o il movimento”, “sperimento una fissazione”: sono alcune delle reazioni descritte. E poi c’è la risposta emotiva: “Sembra che la tua mente venga torturata – racconta un paziente -. È come un terrore, un’ansia, un’adrenalina, un disgusto travolgenti”. “Provo una rabbia generalizzata quando vedo qualcuno agitarsi”, è un’altra testimonianza.
Le persone con Misokinesia sperimentano infine pensieri violenti, reazioni viscerali. Per provare a disinnescare il disturbo, adottano un disperato tentativo di auto-distrarsi, di abbandonare l’ambiente in cui si trovano, o usare barriere fisiche. Per esempio c’è chi durante una riunione, pur di non vedere il collega che non smette di muoversi, si trincera dietro lo schermo del pc. Le strategie variano e comprendono anche l’immergersi nei social. C’è chi tenta tecniche di coping e chi un approccio orientato alla meditazione. Per le persone con Misokinesia è difficile parlare del proprio problema e molti sperimentano tensione nelle relazioni sentimentali, difficoltà nel mantenerle a lungo termine, talvolta perché i comportamenti scatenanti sono proprio quelli dei partner. C’è anche chi riporta stress nelle dinamiche familiari. L’analisi, spiegano i ricercatori, solleva domande importanti per studi futuri. E visto l’impatto descritto, concludono, occuparsene diventa un compito cruciale che “i clinici-scienziati devono iniziare ad affrontare”.
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