Salute 26 Agosto 2022 17:32

Morire di parto nel 2022: quando (e perché) il lieto evento si trasforma in tragedia

Il recente caso di Napoli spaventa. Viora (AOGOI): «La maggior parte dei decessi si può prevenire anche prima di arrivare alla sala parto. Fondamentale la formazione del personale»

Morire di parto nel 2022: quando (e perché) il lieto evento si trasforma in tragedia

Era molto conosciuta e stimata nella sua città, Napoli, Vincenza Donzelli, la donna di quarantatré anni morta poco dopo aver dato alla luce il suo primogenito con un parto programmato in una nota clinica partenopea.

A nulla sono valsi i tentativi di salvarla una volta trasferitala in ospedale. Una morte che ha non solo addolorato quanti conoscevano la donna ma ha anche, come accade a seguito di casi analoghi, gettato nell’immaginario collettivo un’ombra sull’evento parto, legandolo di nuovo, come era normale fino all’inizio del secolo scorso, ad un concreto pericolo di morte. Sul caso c’è attualmente un’inchiesta in corso. Ma ci si chiede, inevitabilmente, se morire di parto in Italia, nel 2022 e in strutture adeguate, sia da considerare una tragedia isolata e imponderabile o un rischio ancora concreto come è ancora in alcune aree del mondo. Soprattutto, cosa è necessario fare per evitarlo. Abbiamo approfondito il tema intervistando la dottoressa Elsa Viora, presidente AOGOI.

Dottoressa, per inquadrare la questione, quanto è diffusa oggi la mortalità per parto in Italia e nel resto del mondo?

Secondo i dati dell’OMS, nel 2015 sono morte circa 303mila donne (830 ogni giorno) per cause prevenibili collegate alla gravidanza o al parto.  Il rapporto di mortalità materna (MMR, Maternal Mortality Ratio) globale è 216 morti materne per 100.000 nati vivi. Di queste, il 99% si verifica in Paesi in via di sviluppo e in gran parte potrebbero essere evitata con una assistenza sanitaria adeguata. Nei Paesi in via di sviluppo, infatti, il valore medio del MME è pari a 239 per 100.00 nati vivi, mentre in quelli economicamente avanzati risulta di 12 per 100.000 nati vivi. In Italia è di 9 morti materne ogni 100.000 nati vivi. Nel 2019 è stato pubblicato il primo Rapporto sulla mortalità materna che riassume i dati relativi agli anni 2013-2017 raccolti dal Sistema di sorveglianza della mortalità materna (Italian Obstetric Surveillance System- ItOSS) ed è frutto di 10 anni di attività di ricerca, coordinata dalla professoressa Serena Donati (ISS).  I dati ci confermano che il nostro sistema di sorveglianza è tra i più avanzati, con numeri vicini a quelli dell’Olanda e di altri paesi del Nord Europa. Va detto tuttavia anche che nei Paesi in cui, come l’Italia, si effettuano indagini approfondite su ciascun nuovo caso di morte materna e sulla qualità dell’assistenza offerta, si stima che il 40-60% delle morti sia prevenibile. E anche nel nostro Paese il 45,5% dei decessi segnalati dalla sorveglianza attiva e sottoposti a revisione critica è stato giudicato “evitabile con assistenza migliorabile”.

Quali sono oggi e quali erano in passato le cause principali di morte per parto?

Tra le morti per cause ostetriche prevalgono le emorragie, i disordini ipertensivi della gravidanza e la trombo-embolia, che coprono quasi il 70% dei casi. Tra le morti materne dovute a cause non ostetriche prevalgono invece le patologie cardiovascolari e la sepsi. L’emorragia del post-partum (le prime due ore dopo il parto) rappresenta la più comune causa di morte materna correlata alla gravidanza;  in alcuni casi  è necessario praticare l’isterectomia per salvare la vita della donna. Si verifica nel 5-22% del totale dei parti. La sepsi costituisce una importante causa di morte, ed un problema molto complesso, difficile da gestire. L’incidenza della sepsi è di circa 1/1000 parti che si complica nello shock settico in un caso ogni 8000 parti circa. Il tasso di casi mortalità è pari al 5,5 per milione di maternità. Eventi avversi collegati all’anestesia costituiscono un’importante causa di morte materna correlata al parto, anche se le morti materne riconducibili direttamente all’anestesia sono ormai rare e dovute prevalentemente al mancato controllo delle vie aeree in anestesia generale per taglio cesareo. Il tasso di mortalità è pari a 3 per milione di parti. È importante ricordare che il taglio cesareo elettivo è un fattore di rischio che aumenta la mortalità materna e a tal fine si richiama l’attenzione sulle raccomandazioni dell’OMS che danno indicazioni in merito alla necessità di contenere il ricorso a tagli cesarei non appropriati. Non vanno poi dimenticate le morti successive ad aborti: questi ultimi, se realizzati in condizioni igienico-sanitarie non adeguate, rappresentano una importante causa di morte materna nei Paesi dove non vi è una legislazione che ne permetta l’accesso.

Quali fattori contribuiscono invece a ridurre il rischio di morte per parto?

Un’ assistenza migliore possibile necessita di molti elementi, in primis un’organizzazione dei Punti Nascita che tenga conto dei criteri minimi in termini di personale medico ed ostetrico e di attrezzature. Come AOGOI ci battiamo da tempo, e sempre con maggiore impegno, affinché i nostri ospedali e le sale parto siano adeguatamente attrezzate, e sia presente personale sufficiente in termini di numeri e di preparazione. La formazione professionale, l’aggiornamento  scientifico, i corsi di simulazione sono elementi fondamentali perché tutta l’equipe della sala parto possa lavorare in armonia e con serenità. E’ essenziale che il parto avvenga in condizioni di sicurezza per la mamma ed il bambino, solo in questo modo è possibile ridurre la mortalità materna. La progressiva diminuzione delle morti da emorragia ostetrica rilevata nel corso dei 10 anni di attività di ItOSS, grazie alle numerose iniziative promosse nel Paese per fronteggiare questa emergenza ostetrica ne è la dimostrazione concreta. Non va dimenticato che ciò che avviene in sala parto inizia molto prima, dal concepimento, ed è perciò essenziale che tutto il Percorso Nascita sia organizzato ed offerto ad ogni donna secondo le specifiche necessità. Individuare il più precocemente possibile, meglio se prima del concepimento, eventuali fattori di rischio consente di offrire percorsi diagnostico-assistenziali adeguati ed evitare complicanze della gravidanza che possono influire sull’esito del parto.

 

 

 

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