«Le linee guida italiane, le più severe in Europa, non prevedono la possibilità di giocare con un defibrillatore per due motivi. L’intensa attività agonistica può essere la causa dell’aritmia e gli scontri di gioco possono colpire l’apparecchio provocando gravi conseguenze»
Europei 2021. Al minuto 43 della partita Danimarca-Finlandia, il 29enne centrocampista danese Christian Eriksen ha avuto un grave malore e si è pensato al peggio. Il giocatore si è accasciato a terra ed è rimasto privo di sensi per alcuni minuti. I compagni in campo e i tifosi sugli spalti sconvolti e stretti attorno a lui. Con un efficace e tempestivo intervento, i medici sono riusciti a rianimarlo e portarlo al Rigshospitalet di Copenaghen.
I messaggi di incoraggiamento sono arrivati da campioni, tifosi e squadre di tutto il mondo. E mentre si indagano i motivi del malore in campo – si parla di miocardite o difetto ereditario – al calciatore è stato impiantato un defibrillatore cardiaco sottocutaneo (ICD) che gli permetterà di non rischiare più la vita in caso di un’aritmia potenzialmente letale. Nei prossimi giorni farà la convalescenza in Danimarca con moglie e figli, ma la domanda che tutti si fanno è: «Potrà tornare a giocare a calcio?».
Lo abbiamo chiesto al dottor Lucio Mos, presidente della Società Italiana di Cardiologia dello Sport. In primis, il cardiologo ci ha spiegato in cosa consiste l’operazione e come funziona questo dispositivo: «L’operazione è semplice, non è rischiosa, si fa in anestesia locale e dura poco tempo – precisa l’esperto -. Si tratta di inserire una tasca sottocutanea, una piccola apparecchiatura con due cateteri che vanno a finire nel cuore. Ha lo scopo di rilevare continuamente l’attività cardiaca del soggetto e in caso di insorgenza di aritmia, tachicardia ventricolare sostenuta o fibrillazione ventricolare, che è quella che ha avuto il calciatore, dare una piccola scarica per bloccarla. È un apparecchio salvavita utilizzato per i malati di cuore gravi per prevenire la morte improvvisa».
Il defibrillatore regolarizzerà l’aritmia al cuore. Ma il dispositivo sarà temporaneo o permanente? «Dipende dalla malattia sottostante, generalmente viene tenuto sempre. Non conosciamo ancora la causa del malore: se è reversibile e il soggetto guarisce completamente si può togliere. Ma nel 99% dei casi è permanente. Probabilmente il calciatore dovrà tenerlo per tutta la vita». E dire addio alla carriera da calciatore professionista, almeno in Italia.
Le regole nel nostro paese, infatti, parlano chiaro: con un defibrillatore è impossibile praticare sport senza rischi traumatici. All’estero, invece, le cose sono diverse: Blind, ex compagno di squadra di Eriksen all’Ajax e difensore dell’Olanda, sta partecipando agli Europei con lo stesso apparecchio salvavita.
«Le linee guida italiane, le più severe in Europa, non prevedono la possibilità di giocare con un defibrillatore – aggiunge il cardiologo Mos – per due motivi. La prima è che l’intensa attività agonistica può essere la causa dell’aritmia, e la seconda è che in caso di traumi e scontri di gioco si può colpire l’apparecchio provocando gravi conseguenze. Ho letto che neanche in Inghilterra può giocare, ma in altri paesi sì» sottolinea il medico.
La questione ha sollevato anche un altro interrogativo: quali sono gli esami per ottenere l’idoneità sportiva? Si potrebbe valutare di cambiare il protocollo, rafforzandolo con ulteriori esami, al fine di evitare episodi simili?
«Una visita medica, un ECG di base e uno durante e dopo lo sforzo, una spirometria e l’esame delle urine. Questi sono gli esami di base – evidenzia il cardiologo -. Per questi professionisti è previsto anche un ecocardiogramma. Se questi controlli risultano negativi non si deve fare altro. Se invece danno qualche sospetto si può fare un holter, la coronarografia, la risonanza magnetica e la Tac coronarica. Non ha senso fare esami di secondo livello se non c’è alcun sospetto in quelli di base: l’idoneità c’è».
«Noi in Italia facciamo più di qualsiasi altro Stato, siamo estremamente prudenti. Da quando c’è l’obbligatorietà della visita sportiva, i dati dimostrano che la morte improvvisa è drasticamente diminuita. E che i controlli e la ripetizione degli esami ogni anno sono importanti per diagnosticare patologie».
Come è possibile, allora, che questo succeda a uno sportivo che ha superato tutti gli esami e i controlli? «Le visite vengono fatte una volta l’anno. Nel frattempo, il soggetto può aver avuto una miocardite, un trauma al cuore». Gli esami attuali, ad ogni modo, sono sufficienti: «Sì, farne altri, senza alcun sospetto, sarebbe come proporre una Tac o una risonanza magnetica a tutti per prevenire i tumori» conclude.
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