La Siu ha presentato la sua campagna di informazione e sensibilizzazione sui tumori della prostata e dei testicoli. Al centro del dibattito la necessità di un cambiamento culturale nella percezione che gli uomini hanno della propria salute ma anche le difficoltà dei clinici ad agire senza una normativa specifica che ne tuteli le scelte e le azioni. Il contrappasso è il rischio di una medicina difensiva costosa e inutile.
Novembre è, anche a livello internazionale, il mese dedicato all’informazione e alla prevenzione del Cancro della prostata e del testicolo. Sensibilizzazione promossa dal Movimento Movember, a cui aderisce anche la Società Italiana di Urologia che ieri, 7 novembre, ha presentato in Senato le azioni che coinvolgono quasi 300 centri urologici dislocati su tutto il territorio nazionale per le quali metteranno a disposizione della cittadinanza informazioni relative alle iniziative di prevenzione, cura e diagnosi delle patologie urologiche.
Il cancro della prostata e del testicolo sono, ancora oggi, argomenti tabù per molti uomini, e la prevenzione è un tema spesso trascurato. Di qui l’impegno della SIU per diffondere informazioni corrette, sensibilizzare sull’importanza di visite ed esami preventivi, promuovere stili di vita salutari e sostenere la ricerca per migliorare l’efficacia dei trattamenti.
Una prospettiva e una necessità fatte proprie anche dal Presidente della 7 Commissione Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica, ricerca scientifica, spettacolo e sport, Roberto Marti, che nell’ospitare la Società scientifica ha voluto rimarcare quanto stretto debba essere il legame tra cultura, formazione e prevenzione.
“Il carcinoma prostatico – ha sottolineato Giuseppe Carrieri, Presidente della SIU ed Ordinario di Urologia all’Università di Foggia – è divenuto, negli ultimi dieci anni, il tumore più frequente nella popolazione maschile, con circa 36.000 nuove diagnosi annue. Ma sebbene il 53% degli uomini dichiari di temere una diagnosi di neoplasia prostatica, solo uno su quattro ha effettuato un esame di controllo”. E questo nonostante l’81% degli uomini sia consapevole che il tumore alla prostata sia il più diffuso
“Gli Urologi – ha sottolineato Carrieri – sono consapevoli dell’importanza della diagnosi precoce del cancro della prostata e che intercettare questa pericolosa malattia nelle fasi iniziali vuol dire risolvere quasi sempre il problema. Ossia curare i pazienti e guarire nella gran parte dei casi. Viceversa, andare dall’urologi soltanto quando compaiono i sintomi, cioè in una fase tardiva della malattia, vuol dire in qualche modo avere pochissime armi per un tumore che a quel punto rischia di essere già molto invasivo, difficilmente curabile e altrettanto difficilmente guaribile. Analogamente a quanto avviene per altri tumori specifici della sfera femminile quali il tumore della cervice uterina, tumore della mammella per i quali è prevista la realizzazione di programmi di screening di massa, la SIU auspica che anche il tumore della prostata possa essere inserito in programmi di screening di massa rivolti a quella fascia di popolazione maggiormente sensibile, ovvero tutti gli uomini di oltre 50 anni”.
E che la prevenzione sia importante, come accennato, è fermo convincimento anche del Presidente della 7 Commissione del Senato, Roberto Marti, secondo cui questo termine non può che far rima, in primis, con “educazione”.
“Proprio tre mesi fa – ha ricordato Marti – abbiamo varato la legge che prevede la reintroduzione dei giochi della gioventù all’interno delle scuole. All’interno del provvedimento abbiamo inserito gli screening oncologici che i ragazzi devono effettuare. Una sorta di costituzionalizzazione della prevenzione all’interno delle scuole, perché è da lì che noi dobbiamo partire stimolando i ragazzi, ma anche e soprattutto i genitori, facendo cadere le barriere psicologiche ed anche qualche timore o vergogna dei ragazzi verso i genitori e verso gli insegnanti, dando loro la possibilità di aprirsi alla conoscenza del proprio corpo e di cosa devono fare per tutelarne l’integrità”.
Vincenzo Mirone, Responsabile della comunicazione della SIU ed Ordinario di Urologia all’Università degli Studi di Napoli, dopo aver anch’egli sottolineato l’importanza della prevenzione, ha sottolineato anche gli aspetti più strettamente correlati ad un esercizio sereno della professione.
“L’Italia è l’unico Paese, insieme a Venezuela e Polonia, che prevede ancora il reato gravissimo di omicidio colposo per un medico in esercizio delle sue funzioni. Ma è assurdo anche solo immaginare che un medico entri in sala operatoria con l’obiettivo di uccidere un paziente sul letto operatorio”. Di qui la necessità, sottolineata dalla SIU, di dare finalmente concretezza a quanto già normato con la Legge Gelli-Bianco (per la quale ancora mancano moti decreti attuativi, per esempio) affinché i medici riacquistino da un lato una maggiore serenità professionale e, dall’altro, un altrettanto sereno rapporto con i loro pazienti.