Assegnata a Francesca Doyle giovane studentessa di biologia la prima borsa di studio in ricordo di Fabiana Gregori socia fondatrice dell’associazione aBRCAdabra che per prima ha avuto l’intuizione di mappare i soggetti con queste caratteristiche. Il registro nazionale sarà seguito dai medici: Alberta Ferrari del Policlinico San Matteo di Pavia, Domenica Lorusso del Policlinico Gemelli di Roma e Matteo Lambertini del San Martino di Genova
Nasce il primo registro italiano dei portatori della mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. A realizzarlo sarà l’associazione aBRCAdabra che deve a Fabiana Gregori, una delle sue socie fondatrici, l’intuizione nel 2014, anno in cui scoprì all’età di 34 anni di essere affetta da tumore al seno e di essere portatrice del gene mutato, l’idea di identificare i soggetti con queste caratteristiche.
«Ad oggi in Italia non c’è un registro di questo tipo – spiega a Sanità Informazione Alberta Ferrari, medico chirurgo senologo del San Matteo di Pavia, fondatrice dell’associazione e membro del comitato scientifico dell’associazione aBRCAdabra – e dunque non sappiamo nulla sulle portatrici e sui portatori, neppure a livello regionale. Abbiamo pensato di dare seguito a quello che era il progetto di Fabiana che per prima aveva avvertito l’esigenza di capire chi avesse questo gene ed abbiamo assegnato una borsa di studio nel suo ricordo ad un professionista che possa seguire nel 2022 la realizzazione del registro». La vincitrice è Francesca Doyle, una giovane studentessa di biologia che riceverà il premio il prossimo mese di febbraio durante il congresso che si terrà a Roma al Policlinico Gemelli, ed avrà il compito di dare vita a quella che era l’idea di Fabiana.
Questo l’intento della giovane Fabiana che nel 2015 aveva iniziato a tenere su un database traccia di tutti coloro che, iscritti all’associazione, risultavano avere il gene BCRA1 E BCRA2 mutato. Oltre trecento persone, 344 donne e 3 uomini con un’età media di 45 anni. L’età di insorgenza media del primo tumore era risultata essere di 39 anni e nel 50% dei casi le donne affette da carcinoma mammario erano state sottoposte a mastectomia bilaterale. Questi i primi dati raccolti tra il 2014 e il 2015 attraverso il gruppo chiuso di Facebook BRCA1-BRCA2 Nazionale da cui subito dopo era nata l’associazione aBRCAdabra onlus.
«Alla Vigilia di Natale del 2015 – ricorda ancora la dottoressa Ferrari con un pizzico di commozione -, Fabi aveva saputo che la sua malattia era diventata metastatica e che non c’era più molta strada per lei, eppure fino all’ultimo giorno della sua giovane vita, quando era ricoverata in Hospice, ha lavorato alla realizzazione di un registro dell’associazione». Fabiana è morta il 21 novembre 2016, lasciando in eredità un grande progetto che da quest’anno avrà un percorso tracciato. «Il lavoro di Fabiana sarà il punto di partenza intorno al quale costruire il registro nazionale – riprende la senologa del San Matteo di Pavia –. Lei aveva dimostrato che la maggior parte delle donne che optavano per la prevenzione chirurgica venivano scoraggiate e che tre quarti delle donne con mutazione lo scopriva perché già ammalate e non prima, e quindi non potevano fare prevenzione. Il suo mantra era: scoprire prima il gene per mettersi in sicurezza. Il registro ha anche questo senso: documentare quanto bisogno ci sia di maggiore consapevolezza e di anticipo diagnostico sulla mutazione. Noi vogliamo con questo registro permettere alle donne e agli uomini che hanno il gene mutato di poter fare prevenzione di primo grado».
Il sogno di Fabiana di realizzare un registro per mappare le donne e gli uomini con gene BRCA1 e BRCA2 mutato è stato portato avanti negli anni dall’amica Maria Grilli, oggi segretaria dell’associazione aBRCAdabra «Fabiana era l’anima dell’associazione, io ho ricevuto da lei il testimone. Realizzare un registro è importante perché permette di farci ascoltare – sottolinea Maria Grilli -. Siamo in tante e i numeri lo testimoniano. Quando siamo partiti eravamo in 150 oggi siamo quasi 2500. Si diceva che le persone con i geni BRCA 1 e 2 mutati fossero un 5% della popolazione, in realtà oggi siamo oltre il 10 percento ad avere questa mutazione. I dati raccolti nel registro devono essere diffusi, e il nostro lavoro deve coinvolgere per primi i medici di base e i ginecologi. Ancora troppi ignorano e c’è una chiusura verso il test genetico, un esame del sangue che può fare la differenza tra la vita e la morte. Troppo poche sono infatti le donne che, pur avendo il gene mutato, non sviluppano la mutazione, e dunque oggi l’unica vera prevenzione è quella chirurgica che abbatte il rischio al 5%, ovvero al di sotto della soglia di una donna che non ha la mutazione. Certo, occorre mettere in conto l’intervento alla mammella e alle ovaie, subentra la menopausa precoce, ma vince la vita» conclude Maria che ogni anno il 4 febbraio nel giorno del compleanno di Fabiana, va nella sua città, Trieste, per abbracciare mamma Mariuccia e ricordare l’amica scomparsa troppo presto.
Nel progetto sono coinvolti alcuni medici che fanno riferimento a tre grandi istituti di ricerca: oltre ad Alberta Ferrari del San Matteo di Pavia, Domenica Lorusso del Policlinico Gemelli e Matteo Lambertini del San Martino di Genova. «L’intenzione di studio verrà presentata al congresso di febbraio e poi partirà il lavoro. Oggi la macchina è pronta», conclude la dottoressa Ferrari. «L’obiettivo del registro è anche capire se la popolazione italiana presenta delle caratteristiche biologiche diverse da altri Paesi – aggiunge Ornella Campanella presidente dell’associazione aBRCAdabra -. Ad esempio, vogliamo sapere se le donne italiane si ammalano di più, prima, o se hanno tumori più aggressivi, che penetranza c’è all’interno delle famiglie e cosa accade invece agli uomini».
Il primo registro permetterà di delineare una caratterizzazione famigliare e biologica di tumori peculiari della popolazione italiana. «Come associazione di pazienti vogliamo dare il nostro contributo e mettere i dati a disposizione della comunità scientifica per curare meglio e offrire sempre più delle opportunità di prevenzione e, dove è possibile, proporre con più convinzione la chirurgia di riduzione del rischio perché è la strategia più efficace. Il questionario sarà distribuito in forma anonima, costruito dai nostri tre referenti scientifici; mentre la vincitrice del bando si occuperà di raccogliere la documentazione clinica per estrapolare le informazioni necessarie per costruire il data base. I risultati si vedranno nel 2023».
I geni BRCA1 e BRCA2 sono situati rispettivamente sui cromosomi 17 e 13 del patrimonio ereditario, vengono chiamati geni oncosoppressori perché sono in grado di riconoscere e correggere errori che si verificano nella replicazione cellulare del DNA. Quando sono mutati perdono la capacità di riparare il DNA e quindi rendono la persona più esposta alla possibilità di ammalarsi di vari tipi di tumori. Quando si parla di geni BRCA1 e BRCA2 si pensa al cancro al seno o all’ovaio, e dunque alle donne; in realtà questi geni possono essere soggetti a mutazione anche nell’uomo e possono dunque aumentare il rischio di alcune patologie come il tumore alla prostata o al pancreas. Si trasferiscono in eguale misura (al 50 percento) da padre e madre, sia agli uomini che alle donne, quello che cambia è l’espressione della patologia che risulta essere più aggressiva nelle donne dove la mutazione del gene BRCA 1 o 2 ha una probabilità di sviluppare nel corso della vita un tumore alla mammella e all’ovaio che può arrivare oltre l’80% anche in funzione della sua storia famigliare.
L’uomo invece anche se eredita il gene mutato con la stessa probabilità (del 50%) ha un rischio molto più basso di sviluppare la malattia (1% per il tumore alla mammella). Per il tumore della prostata il rischio può arrivare al 12%, numeri più bassi ma ugualmente significativi. «Essere portatori del gene BRCA1 o BRCA2, significa poi avere una probabilità differente di sviluppare la malattia – aggiunge la presidente di aBRCAdabra -. È doppia per il tumore all’ovaio (se con il BRCA2 il rischio è del 20% con il BRCA1 è del 40%). Avere entrambe le mutazioni è molto raro, nell’associazione ci sono 5 casi su 2300 iscritti. Per il tumore al pancreas, il gene mutato sviluppa un rischio del 2% in caso d BRCA1 e del 7% con BRCA2, sia per gli uomini che per le donne. Abbiamo partecipato alla stesura delle ultime linee guida con AIOM nel 2021. Il rischio è più basso, ma ugualmente importante anche perché oggi la prognosi del tumore al pancreas è tra le peggiori al mondo. In questo caso si fa una sorveglianza dedicata ogni anno».
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