Fumagalli (educatore): «È un emotional toy, un oggetto che funge da mediatore emozionale per il trattamento delle persone con demenza. È stato programmato per svolgere sei attività di edutainment, gioco e supporto cognitivo, adatte ai malati di Alzheimer»
«Ciao, io sono Nao, il robot umanoide. Oggi vi farò compagnia, ci divertiremo tutti insieme». È così che il piccolo Nao, un robot alto circa 50 cm, risponde, sollevando il braccio destro in segno di saluto, a chiunque gli chieda di presentarsi.
Nao è il migliore amico di molti degli anziani ospiti del Paese Ritrovato, un villaggio che accoglie persone con Alzheimer: «Questo robot umanoide fa parte della categoria degli emotional toy, oggetti che, fungendo da mediatori emozionali, sono utilizzati per il trattamento delle persone con demenza», spiega Marco Fumagalli, educatore socio-pedagogico, formatore e responsabile della comunicazione de “la Meridiana”, la cooperativa che gestisce questo progetto, sostenuto da Banca d’Italia, e realizzato in collaborazione con la Scuola di Robotica.
Tra gli emotional toy rientrano anche cuccioli di foca, cani e gatti robotici, bambole terapeutiche, animali di peluche, utilizzati sia nelle residenze, che direttamente a casa. «La novità di Nao, rispetto agli emotional toy impiegati di consueto – aggiunge Fumagalli – risiede nel suo aspetto umano. Proprio per la sua esteriorità, alcuni anziani lo hanno paragonato ad un giovane che, di tanto in tanto, arriva nelle loro case per fargli visita e trascorrere un po’ di tempo in allegria». Da vari anni i robot umanoidi sono utilizzati per assistenza, per divertimento e per sostenere alcune attività di apprendimento e rafforzamento della memoria. Il robot Nao, infatti, è impiegato dagli operatori del Paese Ritrovato in sedute di edutainment (intrattenimento educativo), di gioco e di supporto cognitivo.
Gli operatori del Paese Ritrovato – educatori, psicologi e geriatri – hanno ideato, insieme alla Scuola di Robotica di Genova, una programmazione ad hoc per i propri ospiti. «Abbiamo strutturato un copione che permette a Nao di cimentarsi in sei diverse attività – racconta Fumagalli – . C’è un programma dedicato alla conoscenza, in cui Nao si presenta e risponde ad alcune domande chiave. Un’attività sui proverbi: il robot ne racconta una prima parte e poi chiede ai presenti di completarlo. Ancora, riconoscimento dei versi di animali, movimenti da rispecchiare, musica da ascoltare e ballare, ricette da apprendere e proporre».
Si tratta di un training a tutti gli effetti della durata di circa 20 minuti. Può essere attivato sia attraverso un comando vocale, che con i tasti posti sulla testa dell’umanoide. «La doppia opzione è stata ideata per permettere agli operatori di intervenire manualmente laddove l’anziano dovesse avere difficoltà nell’attivazione vocale, poiché – commenta Fumangalli – non di rado, le persone con demenza non riescono a pronunciare delle parole in modo esatto. Altri tasti, cosiddetti di rinforzo motivazionale, possono essere azionati sempre dall’operatore per far pronunciare a Nao alcuni complimenti, come “siete stati bravi, sono molto contento di stare qui con voi”».
Così Nao rinforza la memoria
Perché programmare un robot per compiere attività che gli operatori potrebbero tranquillamente svolgere in prima persona? «La nostra esperienza diretta ha dimostrato come il tempo trascorso con il robot mantenga una traccia più duratura tra i ricordi degli anziani con demenza. Persone che non ricordano cosa hanno mangiato a pranzo a distanza di due ore dal pasto – spiega l’esperto – conservano il ricordo delle attività fatte in compagnia di Nao anche a distanza di 7-10 giorni».
Tutti i risultati raggiunti finora sono uno stimolo affinché il training possa essere ulteriormente migliorato. «Abbiamo intenzione di potenziare questa app e di ideare un programma che consenta a Nao di svolgere attività individuali, supportando i soggetti più fragili, come coloro che soffrono di apatia o di depressione. In futuro, vorremmo coniugare l’utilizzo del robot umanoide come altri emotional toy, come ad esempio la bambola empatica, così – conclude l’educatore – da ottenere un’efficacia a più ampio raggio e raggiungere al meglio il nostro principale obiettivo: migliore la qualità della vita dei nostri anziani»
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