«A seguito del decesso di una paziente, otto familiari hanno aggredito con particolare veemenza il personale in servizio costretto a rifugiarsi nelle stanze e ad interrompere momentaneamente la normale attività»
Ancora una grave aggressione ai danni degli operatori sanitari all’interno degli ospedali, una spirale di violenza che l’emergenza pandemica aveva solo momentaneamente sopito ma che, ora che la situazione Covid va normalizzandosi, ritornano prepotenti nella quotidianità dei nosocomi. Siamo a Napoli, nell’area Pronto Soccorso dell’Ospedale Cardarelli, nella notte di sabato scorso. Un’aggressione ad opera di più persone, perlopiù donne, a seguito del decesso di una loro parente nello stesso ospedale.
Ecco la ricostruzione di cosa è accaduto dalla testimonianza del direttore del Pronto Soccorso del Cardarelli, il dottor Mariano Carafa. «A seguito del decesso di una paziente, una donna affetta da patologia neoplastica in fase avanzata con complicanze di tipo tromboembolico paraneoplastiche, avvenuto per arresto cardiopolmonare irreversibile durante la notte dello scorso sabato nonostante i numerosi tentativi di rianimazione, abbiamo, come da prassi, avvisato telefonicamente i familiari con il dovuto tatto ed empatia. Poco dopo sono giunte otto persone, prevalentemente donne, che hanno aggredito con particolare veemenza il personale in servizio costretto, per difendersi, a rifugiarsi nelle stanze. Questo ha causato purtroppo una temporanea interruzione della normale attività di controllo dei pazienti, compresi quelli in osservazione in area critica».
Quaranta minuti di caos totale, durante i quali sarebbe avvenuto il decesso di un anziano ricoverato in gravissime condizioni proprio in area critica. Se la morte del paziente sia da attribuire anche alla impossibilità, in quel frangente, da parte del personale sanitario a prestare l’ordinaria assistenza, o sarebbe avvenuta comunque, lo stabilirà la magistratura.
«Sicuramente un’azione repressiva è necessaria nel momento in cui accadono questi episodi – continua il primario – ma quello che sarebbe realmente efficace, non nella contingenza ma sul lungo periodo, è un cambio culturale nel paradigma distorto che oggigiorno inficia sempre più la relazione tra personale sanitario e pazienti. Noi siamo in prima linea nel prenderci cura dei pazienti – conclude Carafa -, è il nostro ruolo e la nostra missione, ma siamo costantemente considerati il capro espiatorio, la valvola di sfogo immediata in cui si riversa certamente il dolore, ma anche dinamiche familiari e sociali tanto deleterie quanto radicate».
«Il personale sanitario non conosce tregua – osserva Maurizio Cappiello, medico di Pronto Soccorso del Cardarelli e dirigente nazionale ANAAO Assomed -. Oltre all’emergenza pandemica che già tanto ha logorato anima e corpo di tutto il personale sanitario, ad aggravare la pressione ci si mettono le continue aggressioni. Ben altre misure occorrono per controllare questo fenomeno, dall’utilizzo dei militari di “operazione strade sicure” alla proposta dello status di “pubblico ufficiale” per garantire una certezza della pena. Questi episodi di violenza non fanno altro che rallentare il processo di ripresa post-emergenza minando l’assistenza attraverso l’interruzione di pubblico servizio. Confidiamo in una presa di posizione – conclude – e in interventi determinati da parte delle istituzioni preposte».
« É ora di trovare soluzioni concrete ed efficaci a fatti di questo genere. I numeri delle aggressioni ai danni di infermieri e medici continuano a salire. Solo al Cardarelli sono oltre 30, dal 2020 a oggi, i fatti di cronaca che vedono i professionisti della sanità diventare bersaglio di azioni difficili da arginare, ma ancora più complesse da prevedere – afferma Antonio De Palma, Presidente Nazionale del sindacato Nursing Up -. Le nostre denunce sono amaramente finite nel dimenticatoio, nonostante vadano avanti da anni gli appelli a un piano di sinergia Governo-Regioni-Forze dell’Ordine: non si dimentichi l’indagine da noi condotta sui numeri delle violenze ai danni degli infermieri in Italia, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E soprattutto – conclude De Palma – siamo stati i primi ad aver urlato ai quattro venti la palese inutilità di una legge che inasprisce le pene, ma che non agisce in alcun modo sulla prevenzione, presentata come al solito con squilli di tromba, e rivelatasi invece totalmente fallimentare».
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