Il prototipo realizzato dalla società Fluid-O-Tech è stato messo a punto da un pool di professionisti dell’Università di Pavia e testato al Policlinico San Matteo. Venturi: «Possibile monitorare l’effettiva quantità somministrata, l’appropriatezza, l’indicazione posologica prescritta e modificare la capacità di infusione in relazione alla condizione di salute del paziente»
Ci vorrà ancora qualche mese prima di vederla in corsia o nelle case dei pazienti cronici, di sicuro la prima flebo elettronica rappresenta una nuova frontiera per la medicina italiana. È nata a Pavia ed è un dispositivo intelligente che consente di migliorare le cure, la qualità di vita dei pazienti e l’efficacia del sistema sanitario. Per realizzarla è stato necessario un lavoro sinergico tra Università di Pavia, Policlinico San Matteo e un pool di aziende. «Il progetto, finanziato da Regione Lombardia con i fondi di un bando istituito dall’assessorato alla ricerca, ha lo scopo di creare sinergie tra mondo produttivo, ricerca e cura – spiega Alessandro Venturi presidente di Fondazione IRCC San Matteo di Pavia -. I professionisti delle aziende, i ricercatori dell’università e i clinici hanno messo a punto uno strumento che permette di digitalizzare l’infusione nel paziente».
Il progetto, del valore di 7,7 milioni di euro, è in grado di sostituire gli infusori meccanici con una valvola digitale che misura con precisione ciò che viene somministrato e soprattutto garantisce una gestione da remoto con un tracciamento puntuale dei dati. «Fluid-O- Tech, che è un’azienda leader nella produzione di valvole ed aveva una tecnologia all’avanguardia non utilizzata in ambito ospedaliero – racconta il Presidente del San Matteo – così i ricercatori universitari, guidati dal professor Ferdinando Auricchio, hanno messo a punto delle tecnologie nel laboratorio di fluido dinamica dell’università di Pavia in grado di sfruttare quei brevetti, mentre l’ospedale San Matteo ha garantito il know out dei clinici per personalizzare l’infusione, monitorare l’effettiva quantità somministrata, l’appropriatezza, l’indicazione posologica prescritta e modificare la capacità di infusione in relazione alla condizione di salute del paziente. Il tutto da remoto con l’ausilio di specialisti e infermieri. Un risultato che permette di gestire al meglio le infusioni in ospedale, ma anche a domicilio con un controllo a distanza».
La prossima sfida, dopo la messa a punto del prototipo, sarà di realizzare il dispositivo su larga scala per ospedali e cure domiciliari, ma anche di impiegare il brevetto in altri ambiti. «Arrivando a creare dispositivi per la preparazione di farmaci con un sistema di dosaggio automatizzato e digitalizzato – sottolinea Venturi -. I tempi con cui si arriverà sul mercato non sono ancora definiti, certamente il prototipo che oggi è già funzionante, dovrà seguire dei processi di certificazione per essere in commercio e successivamente dovrà essere prodotto».
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