L’analisi Cedap in parallelo col Rapporto Save The Children mostra un’Italia che ha ancora da imparare sull’assistenza alla maternità
Un calo demografico che progredisce anno dopo anno, registrato su un campione di 567 strutture pubbliche e private, per un totale di 541.206 eventi nascita.
Parte da qui l’analisi effettuata tramite il Cedap (Certificato di assistenza al parto) del Ministero della Salute. Il Rapporto, giunto quest’anno alla sua decima edizione, riprende dati del 2011: uno scarto temporale considerevole, ma che riesce comunque a dare un saggio sulle tendenze nostrane in ambito di natalità. Le donne italiane diventano mamme sempre più tardi, in media a 33 anni, e per il lieto evento si preferiscono, in 9 casi su 10, gli ospedali pubblici alle cliniche private. La gravidanza, inoltre, è diventata un percorso ampiamente medicalizzate – con gran parte delle gestanti che effettua almeno 4 visite ostetriche nell’arco dei 9 mesi – e che tende, più che in passato, a sfociare in parti chirurgici, con i cesarei in continuo aumento. I dati del Cedap viaggiano paralleli con quelli fotografati dal Rapporto Mamme in Arrivo ad opera dell’associazione umanitaria Save the Children.
Ad emergere sono anche le differenze territoriali che sussistono nei livelli di assistenza alle neo mamme. Il recente e tragico caso della piccola Nicole altro non che è la punta dell’iceberg di un Meridione sempre più fanalino di coda sul livello qualitativo dei punti nascita. Le strutture più “fragili” in questo senso si trovano infatti in Campania, Sicilia, Lazio e Sardegna. Disparità anche sulla rete dei consultori, che risentono della mancanza di fondi destinati: sono pochissime le regioni che hanno investito su un approccio globale alla salute materno-infantile prevedendo appositi capitoli di bilancio. Inoltre, solo 1/5 di queste strutture dispone di un’équipe completa. Altre criticità riscontrate dai novelli genitori sono lo scarso supporto delle strutture in caso di permanenza del neonato in una terapia intensiva, e la poca attenzione rispetto all’insegnamento delle tecniche di allattamento, in controtendenza rispetto al resto d’Europa dove questa pratica viene incoraggiata e divulgata.