Il calo delle nascite prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio, le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-2,1%)
Ancora un record al ribasso per le nascite in Italia: nel 2023 scendono a 379.890, registrando un calo del 3,4% sull’anno precedente. Lo indica l’Istat del Report sulla natalità e fecondità della popolazione residente nel 2023. E il calo delle nascite prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio, le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-2,1%). Il numero medio di figli per donna scende: si attesta a 1,20, in flessione sul 2022 (1,24), e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1,21. Nel 2023 le nascite della popolazione residente sono dunque 379.890, 13mila in meno rispetto al 2022 (-3,4%).
“Per ogni mille residenti, in Italia sono nati poco più di sei bambini”, prosegue l’Istat. Questa diminuzione, che comporta un nuovo superamento al ribasso del record di denatalità, si inserisce in un trend ormai di lungo corso. Rispetto al 2008, anno in cui il numero dei nati vivi superava le 576mila unità, rappresentando il valore più alto dall’inizio degli anni duemila, si riscontra una perdita complessiva di 197mila unità (-34,1%). La sistematica riduzione rilevata questo periodo è stata annualmente di circa 13mila unità, corrispondente a un tasso di variazione medio annuo del 2,7 per mille.
Il calo delle nascite, oltre che dalla ormai stabile bassa tendenza ad avere figli (1,2 figli per donna nel 2023, appunto), è anche causato dai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra i 15 e i 49 anni. Le donne comprese in questa fascia di età sono sempre meno numerose. Oggi, quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) hanno ormai superato la soglia convenzionale dei 49 anni. Gran parte di quelle che ancora sono in età feconda appartengono all’epoca del cosiddetto baby-bust, ovvero sono nate nel corso del ventennio 1976-1995, durante il quale la fecondità scese da oltre 2 al minimo storico di 1,19 figli per donna.
La diminuzione dei nati è attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali. I nati da genitori italiani, pari a 298.948 nel 2023, sono circa 12mila in meno rispetto al 2022 (-3,9%) e 181mila in meno rispetto al 2008 (-37,7%). I nati da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero sono invece 80.942, in calo dell’1,5% sul 2022 e del 25,1% rispetto al 2012, anno in cui si è registrato il numero massimo. A diminuire sono state in particolar modo le nascite da genitori entrambi stranieri, in calo del 3,1% sul 2022 e del 35,6% nel confronto con il 2012 (-28.447 unità).
E come si ferma questo record al ribasso per le nascite nel nostro Paese? “Con un insieme di misure come hanno fatto Francia e Svezia – risponde Walter Ricciardi, professore di Igiene all’Università Cattolica di Roma – . Le soluzioni devono essere strutturali, come la detassazione fiscale sostanziale dei servizi alle famiglie (dagli asili nido alle scuole), la flessibilità e il sostegno al lavoro delle giovani mamme. I bonus da soli sono inutili”.
Per Filippo Maria Ubaldi, direttore scientifico del gruppo Genera e membro del tavolo tecnico del ministero della Salute sulle tematiche relative alla PMA, “la fotografia scattata dall’Istat è ormai una periodica e preoccupante conferma di un trend che va peggiorando e che vede decine di migliaia di bambini nati in meno di anno in anno. E coppie sempre più avanti con l’età che generano un solo figlio. L’Italia ha bisogno, per il suo stesso sostentamento e benessere, di dare subito uno svolta alla politica di sostegno alle famiglie, ma anche alle coppie con problemi di infertilità che sono alla ricerca di un gravidanza e, per esempio, attendono l’aggiornamento delle tariffe Lea per un accesso omogeneo in tutta Italia alla Procreazione medicalmente assistita (PMA), che può rappresentare un volano per ottenere nuove nascite nel nostro Paese”.
“L’infertilità – ricorda Ubaldi – è stata riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come una vera e propria patologia che si diagnostica con l’assenza di concepimento dopo 12 mesi di regolari rapporti sessuali mirati non protetti. Una condizione che in Italia riguarda circa il 15-20% delle coppie. Hanno tutto il diritto di avere la possibilità di curarsi vicino casa, senza viaggi della speranza in altre Regioni o persino all’estero. Un altro dato allarmante è l’aumento dell’età in cui le donne cercano una gravidanza: sempre più tardi, a causa della grande incertezza sociale legata a questo complesso momento storico. Tutto ciò si unisce alla necessità di sensibilizzare in ogni sede possibile i giovani sull’importanza di proteggere la propria fertilità con stili di vita sani, ricordando che la finestra riproduttiva non è infinita, un concetto che non ha ancora pervaso i nostri ragazzi. In sintesi – conclude il direttore scientifico del gruppo Genera -, c’è bisogno di un’azione decisa che possa consentire di invertire questa preoccupante rotta, che non accenna a fermarsi e che anno dopo anno vede un’Italia sempre più a rischio spopolamento”.
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