Censimento degli infermieri ANIPIO e le soluzioni proposte da ANIPIO e FNOPI
In Italia muoiono ogni anno 10.780 persone per infezioni ospedaliere da antibiotico-resistenza. Entro il 2050 poi, saranno circa 450 mila le persone che moriranno e questo fenomeno sarà costato al nostro Paese almeno 12 miliardi di euro. A lanciare l’allarme è l’ultimo censimento della Società nazionale degli infermieri specialisti del rischio infettivo (ANIPIO), condotto a fine 2019, poco prima dello scoppio della pandemia, e aggiornato a ottobre 2021.
Inadeguata, secondo ANIPIO, anche la formazione degli operatori sanitari e sociosanitari per quanto riguarda la prevenzione, il controllo e la sorveglianza delle infezioni ospedaliere (ICA) e forti anche le carenze strutturali e tecnologiche.
Le cause identificate sono in particolare nella carenza di personale (infermieri specializzati e medici igienisti) e nella malpractice prescrittiva. A questi si somma il ‘disinvestimento’ in professionisti con un’adeguata formazione per ricoprire il ruolo di medico igienista o di infermiere specialista nel rischio infettivo (ISRI), a vantaggio di reti cliniche di infermieri e di medici che – anche se indispensabili – non possono controbilanciare adeguatamente ed efficacemente la carenza di competenze di governo del rischio infettivo, che sono invece proprie di un ISRI.
Gli infermieri specialisti che l’ANIPIO ha censito in tutte le strutture pubbliche italiane sono in tutto 497, di cui 42 hanno iniziato questa attività in occasione della pandemia, ma, anche secondo gli standard fissati dallo stesso ministero (circolare ministero sanità 8/1988) ne servirebbero circa il doppio, così come a occuparsi delle infezioni ospedaliere nelle strutture dovrebbero esserci anche medici igienisti che oggi mancano all’appello per questo compito specifico.
Al di là dei numeri però, ANIPIO, in raccordo con la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), ribadisce e rilancia prima di tutto gli alert già lanciati a livello europeo dall’ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) in occasione della Country visit del 2017:
E per riparare a queste mancanze, ANIPIO e FNOPI parlano chiaro: servono infermieri specializzati nelle ICA, ma non c’è un inquadramento normativo che possa valorizzarli anche con adeguati staffing (organizzazione del personale).
«È necessario colmare questi vuoti per governare efficacemente il rischio infettivo – si legge in una nota -; ANIPIO e FNOPI propongono di prevedere più personale formato, più infermieri specializzati e una normativa ad hoc aggiornata e consapevole del quadro che emerge dalle infezioni ospedaliere per l’Italia. I fondi del PNRR possono adeguatamente soddisfare tali bisogni, grazie alla Missione 6, dedicata alla salute e orientata allo sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario».
Con tre punti di forza, secondo ANIPIO e FNOPI:
«In questa ottica e per far rientrare questo e anche molti altri allarmi nell’assistenza – sottolinea Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – è necessario concretizzare le specializzazioni infermieristiche grazie alla crescita della formazione, come già avviene nel resto d’Europa: rappresenta una delle strade imprescindibili della formazione professionale e di tutto il sistema sanitario. Per raggiungere la qualificazione delle competenze del personale infermieristico – prosegue – è necessario porsi come obiettivo minimo, da realizzarsi entro un decennio, la disponibilità almeno del 20% dei professionisti a elevata specializzazione nelle diverse aree dell’assistenza. Ma per farlo abbiamo bisogno di lavorare insieme, risolvendo la carenza di organici che sta minando l’assistenza, aumentando la specializzazione degli infermieri e dando loro sempre maggiore specificità».
«La situazione è preoccupante – mette in guardia Maria Mongardi, presidente ANIPIO – e occorre investire su professionisti con competenze specifiche nell’infection control per contribuire anche a salvare vite umane. A partire dalle evidenze emerse con la pandemia Covid-19, oggi ci auguriamo che in Italia lo stato dei professionisti della prevenzione e del controllo delle infezioni possa migliorare. È necessario investire – aggiunge – su infermieri specialisti del rischio infettivo e medici igienisti che oggi affrontano sfide uniche per la natura dell’ambiente di cura e della popolazione residente che invecchia».
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