La sanità pubblica non sarà sostenibile se non ci saranno interventi di correzione rispetto alle attuali dinamiche socio sanitarie. Questo è quanto emerso dal rapporto Meridiano Sanità realizzato da The European House – Ambrosetti e presentato a Roma
«La sanità pubblica non sarà sostenibile se non ci saranno interventi di correzione rispetto alle attuali dinamiche socio sanitarie». Questa è, in sintesi, una delle principale indicazioni che emerge dal rapporto Meridiano Sanità realizzato da The European House – Ambrosetti e presentato oggi a Roma, in occasione del Forum annuale patrocinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
Nel corso della giornata di confronto e dibattito, esperti e responsabili del governo della sanità regionale e nazionale si sono confrontati sulle principali sfide di salute che attendono il nostro paese. Sullo sfondo lo scenario di estrema incertezza che contraddistingue questo periodo storico, con l’inasprimento delle tensioni geopolitiche, le conseguenze del conflitto russo-ucraino e gli effetti della pandemia sull’economia, che si stima avranno un impatto significativo sullo stato di salute della popolazione, quantificabile, a livello globale, in 2,1 anni di vita persi.
«Il rapporto – spiega Daniela Bianco, responsabile dell’area Healthcare di Ambrosetti – tiene conto dei diversi determinanti della salute, non solo sanitari, ma anche ambientali, sociali ed economici. Ci siamo resi conto che lo scenario 2050, considerando l’evoluzione del contesto demografico ed epidemiologico, non è sostenibile e quindi occorre intervenire agendo su diversi livelli”. Nell’analisi di Meridiano Sanità sul posizionamento del nostro Paese nel percorso verso il progresso sostenibile rispetto agli Obiettivi delle Nazioni Unite dell’Agenda 2030, emerge tuttavia come rispetto all’Obiettivo 3 («Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età»), si registra un andamento medio nazionale positivo nella maggior parte degli indicatori analizzati. «È tuttavia necessario segnalare come, per alcune dimensioni, siano ancora presenti forti disomogeneità territoriali, con alcune Regioni in progressione rispetto ai target e altre in maggiore difficoltà», si legge nel report.
«Guardando alle persone a rischio povertà ed esclusione sociale, nel 2021 l’Italia si posiziona tra i primi 6 Paesi per popolazione a rischio, con 1 cittadino su 4 che vive al di sotto del 60% del ‘reddito mediano’, preceduta solo da Romania, Bulgaria, Grecia, Spagna e Lettonia», si legge nel report. Per quanto riguarda le risorse economiche per la sanità, continuano a essere insufficienti. Anche nel 2021, l’incidenza della spesa sanitaria sul PIL continua ad essere ampiamente inferiore ai principali Paesi europei (7,2% dell’Italia vs. l’11% della Germania e il 10,3% della Francia), così come la spesa sanitaria pubblica pro capite a parità di potere d’acquisto (2.580 euro dell’Italia vs. 5.370 euro della Germania e 3.916 euro della Francia).
La spesa sanitaria pubblica, cresciuta significativamente durante la pandemia e pari a 127,8 miliardi di euro nel 2021, dovrebbe raggiungere il suo picco nel 2022 (134 miliardi di euro) secondo le ultime stime contenute della Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza di novembre 2022 per poi diminuire a partire dal 2023. L’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL al 2025 è data al 6%, con risorse in valore assoluto insufficienti per recuperare il gap di spesa nei confronti dei principali paesi competitor.
Considerando l’evoluzione dei fattori economici (PIL pro capite e spesa pro capite per fascia d’età), dei fattori demografici (struttura e proiezione della popolazione per fascia d’età), del contesto epidemiologico (prevalenze delle patologie più impattanti per mortalità e disabilità) e dei fattori di rischio associati alle principali patologie (fumo, alcol, obesità, sedentarietà), il modello previsionale della spesa sanitaria di Meridiano Sanità ha stimato che l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul PIL al 2050 sarà pari al 9,5%, valore di gran lunga superiore all’incidenza attuale ma ancora inferiore rispetto a Paesi quali Germania e Francia. questo livello di spesa risulta al momento incompatibile con lo scenario di invecchiamento demografico e di calo della natalità che porta con sé la riduzione del numero di occupati che, con i loro redditi da lavoro, sono i principali contributori alla spesa sanitaria.
«Le risorse del PNRR, in particolare quelle assegnate al raggiungimento degli obiettivi della Missione 6 dedicata alla Salute, rappresentano – si legge nel report – una grande opportunità per ‘mettere in sicurezza” il sistema, dal momento che mirano non solo a rispondere alle vulnerabilità emerse durante l’emergenza pandemica ma anche a risolvere le criticità preesistenti attraverso il rafforzamento delle infrastrutture e la digitalizzazione dei servizi sanitari. Dei 18,51 miliardi di euro previsti dal PNRR e dal Fondo Complementare nella Missione 6, ben 16,53 miliardi di euro (89,3%) sono territorializzabili, a testimonianza del ruolo centrale delle Regioni nel processo di rafforzamento della prevenzione e dei servizi sanitari, della modernizzazione e della digitalizzazione degli stessi».
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