La presidente della Federazione degli Ordini infermieristici sul rispetto dell’obbligo ECM: «Il panorama è variegato». E sul rapporto tra le professioni: «Ognuno difende la sua disciplina, ma il dialogo è aperto e costante»
Aumentare il numero degli infermieri da assumere nel nuovo assetto del Servizio sanitario nazionale, migliorarne la formazione grazie ad un corpo docente composto soprattutto da infermieri, perfezionare la collaborazione con i medici e gli altri professionisti sanitari. Queste, secondo la presidente della Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche Barbara Mangiacavalli, le tre direttrici che dovranno caratterizzare la professione nel prossimo futuro.
Secondo la FNOPI, nel Servizio sanitario nazionale così come disegnato dal PNRR e dai progetti di riforma che si susseguono in queste settimane, serviranno 60mila nuovi infermieri. «In questi anni di emergenza, appena è stato sbloccato il turnover, siamo riusciti ad assumere nel SSN tutti gli infermieri disponibili in altri settori – ha detto a margine del Forum Risk Management in corso ad Arezzo -. Ma adesso non possiamo chiedere alle università di formare in poco tempo un numero così importante di colleghi. E soprattutto – ha puntualizzato – con un corpo docente infermieristico che è ancora molto sottostimato e sproporzionato rispetto alle persone da formare».
Senza dimenticare, oltre alla formazione dei nuovi professionisti, l’aggiornamento continuo di chi è già in attività. A tal proposito, manca esattamente un mese alla fine della proroga dei trienni ECM 2014-2016 e 2017-2019: fino al 31 dicembre infatti medici e professionisti sanitari hanno la possibilità di spostare crediti ai periodi formativi citati per recuperare eventuali posizioni irregolari e rispettare l’obbligo. Qualche giorno fa, il presidente del Co.Ge.A.P.S. Enrico De Pascale ha infatti annunciato ai nostri microfoni di aver inviato alle Federazioni le posizioni formativi degli iscritti. Tra gli infermieri, ha dichiarato Mangiacavalli, «il panorama è abbastanza variegato, con colleghi che non hanno grandi problemi e colleghi che hanno ancora dei debiti». Ma prima di capire come comportarsi nei confronti di chi non dovesse risultare in regola con l’obbligo, la Federazione intende «capire come verranno estratti i dati e quale sarà il panorama».
Centrale quindi il discorso della formazione. Un investimento che tuttavia deve essere non solo di tipo economico, ma anche culturale, secondo la presidente FNOPI, passando necessariamente dalla costruzione di vere equipe multiprofessionali. «Occorre che i professionisti facciano un grosso lavoro di integrazione e interconnessione – ha aggiunto la Mangiacavalli -, perché non possiamo permetterci di avere distretti, case di comunità, ospedali di comunità con professionisti che non lavorano insieme e non gestiscono trasversalmente il processo di presa in carico, di cura, di riabilitazione e di assistenza dei loro pazienti».
Eppure il rapporto tra le diverse professioni, o quantomeno tra i loro rappresentanti, non appare sempre così pacifico: «Ognuno difende la sua storia, la sua cultura, la sua disciplina – ha risposto la presidente FNOPI -, però il confronto c’è, è costante e va indubbiamente rafforzato, ma non ci sono sbarramenti o porte chiuse. Dobbiamo provare a ridisegnare insieme il sistema partendo dai bisogni dei cittadini».
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