Paul Krugman si scaglia contro l’amministrazione Trump: «Ci si riferisce spesso all’Italia come “il malato d’Europa”; America, questo cosa fa di noi?»
«Perché non abbiamo seguito l’esempio italiano?». Riflettendo sull’attuale situazione americana rispetto a Covid-19, se lo è chiesto in un editoriale del New York Times il giornalista Paul Krugman. A sei mesi da quando il virus è arrivato per la prima volta in Europa e poi in America, gli status quo dei due Paesi non potrebbero essere più differenti. Mentre in Italia i numeri sono in discesa e si affrontano i primi contagi di importazione, negli Usa i conti sono in costante aumento. «In una giornata normale, più di 800 americani ma meno di 12 italiani muoiono di Covid», scrive l’autore.
Dall’essere il paese più colpito, l’Italia ha mostrato un miglioramento notevole. «Gli ospedali erano pieni e il tasso di mortalità iniziale era terribile – fa presente Krugman -. Eppure i casi hanno raggiunto il picco dopo alcune settimane, per poi iniziare a un lento e costante declino». L’America aveva assicurato che sarebbe successa la stessa cosa: «Ma non è stato così. Dopo aver raggiunto un plateau per qualche mese, hanno ricominciato a salire sempre più rapidamente».
«A questo punto – prosegue – possiamo solo invidiare il successo dell’Italia nel contenere il coronavirus: i ristoranti e i bar sono aperti, nonostante le restrizioni, e la maggior parte delle attività hanno ripreso eppure il tasso di mortalità è meno di un decimo di quello americano». Sono molto dure le parole del giornalista verso il governo statunitense, che sembra non aver rispettato le promesse fatte all’inizio della pandemia.
Finché il paragone veniva fatto con la Germania, fa presente, non sembrava troppo strano incontrare maggiore difficoltà. Sono note, del resto, le virtù del governo e del popolo tedesco. «Ma come può l’America star facendo così tanto peggio dell’Italia?» si chiede Krugman, puntualizzando velocemente che non intende dar adito a facili stereotipi. «Nonostante tutti i suoi problemi, l’Italia è un Paese complesso e sofisticato, non un set di teatro. Eppure, entrando in questa pandemia aveva uno svantaggio molto maggiore degli Usa».
Prima di tutto la burocrazia, poi la «volontà di rispettare le regole da parte dei cittadini», infine il debito accumulato dal Paese. Cui si aggiunge, scrive ancora l’autore, l’età media molto avanzata della popolazione e il numero basso di nascite. «Tutti questi svantaggi italiani però sono stati sublimati da un grande vantaggio: l’Italia non è stata amministrata dalla disastrosa leadership americana».
Krugman si scaglia quindi contro le decisioni del presidente Donald Trump. Nonché contro la sua mancanza di fiducia nelle misure più severe di quarantena, avversate dalla costante fretta di riaprire per non danneggiare l’economia. «Dopo un inizio difficile, l’Italia si è mossa velocemente e ha fatto ciò che era necessario per gestire il coronavirus – racconta lui -. Ha istituito un lockdown molto duro, mantenendolo. Il governo ha aiutato a sostenere i lavoratori e le aziende in difficoltà. La rete di sicurezza aveva i suoi buchi, ma le autorità hanno provato a farla funzionare. In un supremo caso di non-Trumpismo, il premier ha anche chiesto scusa per il ritardo negli aiuti». Così ha invertito la curva dei contagi.
«Siccome noi, l’America, non abbiamo fatto quello che ha fatto l’Italia, non abbiamo affatto interrotto la curva. Anzi». La costante opposizione alle mascherine e anche alle più semplici misure di precauzione, ha trasformato tutto in una battaglia culturale secondo il giornalista. Che fa poi notare come neppure l’aspetto economico abbia giovato di questa decisione. Con «10 milioni di lavoratori che stanno per perdere i loro cruciali sussidi di disoccupazione».
«Siamo diventati un attore patetico sul palcoscenico mondiale», ribadisce. «In giorni come questi gli americani possono solo invidiare il successo dell’Italia nell’affrontare Covid-19 – conclude infine – il suo rapido ritorno a una specie di normalità che è un sogno lontano per una nazione che usava farsi i complimenti per la sua cultura dell'”io posso”». Infine una domanda rivolta ai suoi concittadini: «America, ci si riferisce spesso all’Italia come “il malato d’Europa”; questo cosa fa di noi?».
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