La rivista “Scriveresistere”, la prima al mondo scritta da persone con la SLA grazie ad un programma software in grado di trasformare i movimenti oculari in parole, dedica il terzo numero alla battaglia contro il Covid-19
«È l’occasione per tornare a parlare con i vostri figli e con i vostri genitori, fare qualcosa insieme ed esprimere i vostri sogni e i vostri talenti. È importante “fare”, non stravaccarsi sul divano. La miglior cura per contrastare la noia è il lavoro manuale e creativo, datevi da fare». Sono le parole di Luigi Picheca, un uomo malato di SLA, che ha dovuto imparare a resistere all’isolamento forzato molto tempo prima che il Coronavirus costringesse tutti noi a rinchiuderci dentro casa.
Come Luigi, altri uomini ed altre donne hanno donato il proprio contributo partecipando alla stesura del terzo numero della rivista “Scriveresistere”, interamente dedicato a questa “battaglia” contro il Covid-19. “Scriveresistere” è la prima al mondo scritta da persone con la SLA, grazie ad un programma software in grado di trasformare i movimenti oculari in parole. I redattori della rivista, facendo scorrere il proprio sguardo su una lavagna, possono comporre parole e frasi, e trasmettere, così, i propri pensieri agli altri. Consigli e suggerimenti che, questa volta, hanno voluto dedicare a tutti coloro che, barricati dentro casa per la paura di ammalarsi, soffrono la solitudine, la convivenza forzata, l’assenza di ogni stimolo esterno.
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«Noi da “sempre” siamo a casa!». È con questo messaggio che i malati di SLA, costretti dalla patologia di cui soffrono a restare in una stanza, nel proprio letto, fanno eco all’hashtag diventato virale in questo periodo #Iorestoacasa. Ma essere fisicamente isolati dal mondo non significa necessariamente isolarsi da qualsiasi relazione con l’altro. «Purtroppo – scrive Claudio Messa, un altro dei redattori di “Scriveresistere”- non siamo capaci di vedere tutti i regali dati dall’abbondanza, perché siamo presi a lamentarci di quello che non ci arriva. Scrivere il proprio pensiero per pubblicarlo è come donare agli altri qualcosa di importante che si è conquistato nel tempo e con l’esperienza. Scambiarsi pensieri – sottolinea Claudio – è come piantare semi gli uni negli altri, capaci di generare altri pensieri ancora».
Pippo Musso, asfaltatore prima della SLA e ora scrittore, invece, ci invita a non scappare dall’invisibile nemico: «Reagiamo stando fermi – dice -, accettiamo le nostre prigioni. In questi giorni di panico e di coprifuoco un po’ ovunque c’è un fuggi fuggi generale. Basta con questa sceneggiata, basta correre di qua e di là come fanno i bambini».
Claudio, Luigi e Pippo vivono, insieme ad altre 60 persone, a Monza, a SLAncio, una Residenza Sanitaria per Disabili, realizzata dalla Cooperativa La Meridiana ed inaugurata nel 2014. SLAncio ha chiuso le sue porte ai visitatori già dal mese di febbraio, quando Codogno è stata dichiarata zona rossa. «Ma non ci siamo rassegnati al vuoto lasciato dalle disposizioni sanitarie – dice Roberto Mauri, direttore della Meridiana -. Abbiamo cercato sistemi di contatto alternativo, per non aggravare ulteriormente la condizione di isolamento che i nostri ospiti già vivono a causa della patologia di cui soffrono. Chi è ancora in grado di muovere gli occhi può, attraverso il movimento oculare, gestire in modo autonomo i contatti virtuali con i propri familiari. Ma chi, invece, è ad uno stadio della malattia più avanzato e non ha più nemmeno questa capacità, può vedere ed ascoltare le persone care attraverso dei servizi di videochiamata semplificata, supportati dai nostri operatori».
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E collaborare alla stesura di “Scriveresistere” è un’altra delle tante attività che la struttura ha offerto ai suoi ospiti per aiutarli ad “uscire” dalla propria stanza, anche se solo con la fantasia: «Il malato di SLA non è un malato di mente – commenta Luisa Sorrentino, psicologa e curatrice della rivista – anzi è proprio il pensiero a mobilitarlo. Per questo abbiamo deciso di ideare un mensile sul quale ognuno potesse esprimere liberamente le proprie idee. Chi ha la SLA ha capito che si può stare immobili, chiusi in “casa” e contemporaneamente essere in movimento. La speranza ce la insegna chi ha il coraggio di vivere la vita così com’è. E chi può farlo se non un malato di SLA? – chiede la psicologa -. Queste persone hanno vissuto il trauma di doversi fermare, per forza, diventando così esperti nell’attivare nuove capacità, quelle risorse che già possediamo ma che, spesso, sono celate dentro di noi. Hanno imparato a dare valore ad altre cose, a quelle che magari fino a prima della malattia non erano importanti».
Ed è per questo che Luigi è convinto più che mai che questo isolamento forzato, a cui siamo costretti per proteggerci dal Coronavirus, sia un’opportunità da cogliere al volo: «Fermarsi a riflettere ed emanciparsi dal solito stile di vita non deve spaventare nessuno – scrive -. Cogliete al volo questa opportunità per disintossicarvi dalla schiavitù del telefonino, del pc e dalla banalità del web che vi obnubila la mente e che sfrutta i vostri interessi».
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