L’errore più grande commesso in sanità nel ventesimo secolo? Credere che le malattie infettive sarebbero state eliminate. Si apre così il dibattito tra gli ospiti del webinar organizzato dall’Associazione Dossetti – I valori – intitolato “Malattie dimenticate e riemergenti”, che ha messo in luce la necessità, all’indomani della fase più critica della pandemia di Covid-19, di non trascurare la prevenzione, i vaccini ove possibile, e il trattamento di tutte le altre patologie infettive, messe in ombra dall’emergenza sia nella percezione da parte dell’opinione pubblica sia a livello strutturale.
Grande attenzione dedicata quindi alle infezioni oncogene, quali l’HPV e l’HCV, ma non è mancata anche una riflessione sull’importanza di aggiornare i protocolli per l’HIV, così come il porre un freno alle infezioni dovute a patogeni antimicrobicoresistenti. Il monito dell’Associazione è che se non verranno prese contromisure adeguate l’ipotesi di avere nel 2050 10 milioni di morti all’anno per infezioni non trattabili non sarà così remota.
«Chi si occupa di sanità – afferma la senatrice Elisa Pirro della Commissione Igiene e Sanità – sa che il rischio di fenomeni pandemici è alto nella nostra società: abbiamo sempre insistito sulla necessità di interventi strutturali in sanità, ma siamo state Cassandre. Ciò che conta oggi è tenere a mente che la mobilità attuale rende altamente possibili e veloci il diffondersi di epidemie. Ben venga il mantenimento delle precauzioni e contiamo, con il PNRR, di dare più forza al territorio, che si è dimostrato un anello debole».
«Nel periodo Covid è stato ancora più drammatico l’impatto delle altre infezioni – aggiunge l’onorevole Rosa Menga (Commissione Lavoro) – a causa del sistema sovraccarico e congestionato. Poco prima dello scoppio della pandemia, la Camera ha licenziato una mozione sul tema, caldissimo, dell’antibioticoresistenza. Si è richiesto di investire risorse su questo e speriamo che il PNRR sia l’occasione giusta».
«C’è un forte impegno alla Camera per riformare la legge 135/90 sull’HIV – afferma l’onorevole Fabiola Bologna (Commissione Affari Sociali) -. In trent’anni questa malattia è passata dall’essere una condanna a morte a patologia cronica con cui è possibile convivere, abbiamo quindi sentito il bisogno di una proposta di legge per aggiornarla rispetto alle nuove esigenze dei malati. A partire dalla garanzia di trattamento omogeneo sul territorio, dal contrasto allo stigma sociale e incoraggiamento all’inserimento nella vita sociale, a una maggiore specializzazione nell’approccio terapeutico, ma anche la possibilità, per i minori, di accedere al test senza assenso dei genitori. Ricordiamo che nel 2019 abbiamo avuto 2531 nuove diagnosi di HIV, 4,2 nuovi casi per 100mila abitanti».
«In epoca Covid soprattutto i vaccini considerati accessori sono diminuiti, come quello contro l’HPV – osserva Anna Teresa Palamara, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’ISS -. La prevenzione corretta prevede azioni di sorveglianza che vanno potenziate, così come azioni di diagnosi precoce e capacità di intercettare rapidamente i patogeni sul territorio. Nessun piano può essere veramente efficace senza una rete di laboratori di microbiologia sul territorio che monitori i patogeni e li identifichi correttamente e che sia collegata a livello centrale. Chi si aspettava che in epoca Covid, viste le restrizioni, diminuisse la circolazione dei batteri antimicrobicoresistenti ha preso un abbaglio: l’aumento del consumo di antibiotici in questi ultimi due anni è stato importante».
Le fa eco Saverio Cinieri, presidente AIOM: «La pandemia ha ridotto la quota di accessi alla vaccinazione HPV, e questo rischia di farci avere un gran numero di cancri evitabili. La diminuzione dei casi di cancro è un obiettivo di salute pubblica, oltre che individuale. Dobbiamo avvicinarci all’obiettivo di rendere il paese libero dal tumore HPV correlato, e questo si fa informando cittadini e genitori, anche nelle scuole, sul fatto che la vaccinazione sia gratuita e sicura».
«La prevenzione dall’HCV deve partire con una educazione sanitaria sin dalle scuole – afferma Ivan Gardini, presidente Associazione Epac Onlus -. Molti tumori al fegato sono evitabili se legati all’epatite C. La grande campagna di screening di recente varata presenta delle criticità, perché il punto è convincere le persone a testarsi e a iniziare le terapie e sarà necessaria una comunicazione altamente motivante, ma soprattutto il fondo è sperimentale e non contiene indicazioni su come gestire risorse avanzate. Nessuna regione, ad oggi, è già partita. Infine, una questione essenziale: non ha senso rendere lo screening gratuito, se poi gli eventuali approfondimenti successivi restano a pagamento, con l’obiettivo di ottenere l’esenzione. É fondamentale – conclude – un fondo strutturale, fornire risorse alle Regioni, e l’inserimento definitivo nei LEA».
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