Per il docente di Salute Globale alla Cattolica tanti i virus su cui dobbiamo vigilare, dal Marburg a Zika. Poi Elogia il modello Intersos adottato per portare i vaccini in zone di guerra come Nigeria e Yemen. Al Pandemic fund creato dal G20 arrivati oltre 850 progetti: «Potremo lavorare per rafforzare i sistemi sanitari dei paesi del sud del mondo anche se i fondi sono limitati»
«Dobbiamo apprendere le tante lezioni che ci ha dato la pandemia Covid che ha trovato i sistemi sanitari di tutto il mondo impreparati. Penso, ad esempio, che sia necessario creare a una rete di sorveglianza a tappeto che possa mettere in evidenza l’emergere di nuove patologie». Stefano Vella, docente di Salute Globale presso l’Università Cattolica di Roma, mette in guardia sulle nuove minacce che arrivano da virus emergenti ed elogia il lavoro della ong INTERSOS svolto nel corso della campagna vaccinale in Nigeria e Yemen nell’ambito del COVAX e presentato in un report all’Ospedale Santo Spirito di Roma.
Vella è anche uno degli esperi chiamati a valutare i progetti che arrivano al Pandemic fund, il fondo globale creato dal G20 per rafforzare i sistemi sanitari mondiali in vista di nuove, possibile e quantomai probabili nuove pandemie. «Sono arrivate 850 richieste di progetti dai paesi del sud del mondo per la preparedness, cioè per essere più preparati in caso di nuova pandemia– spiega a Sanità Informazione -. Ma questo fondo può servire anche a rafforzare i sistemi sanitari che in molti paesi si sono rivelati particolarmente fragili. I fondi però sono pochi e non so quanti potranno essere finanziati».
Sul lavoro svolto da Intersos in realtà molto complicate come Nigeria e Yemen Vella spende parole importanti: «Intersos – spiega il professore di Salute globale – ha fatto un grande lavoro sulla vaccinazione Covid ma non dobbiamo dimenticare quanti bambini sono a vaccinazione zero nel mondo e quanto il Covid ha impattato sul tasso di copertura vaccinale di molti paesi oltre. La ong ha creato un modello di buone pratiche che è quello che ci serve».
Vella ha poi sottolineato la straordinarietà del Sistema sanitario italiano, «uno dei pochi veramente universale», ma che durante la pandemia ha sperimentato l’inefficacia di un modello troppo ospedalocentrico mentre «la medicina di prossimità è il futuro dei sistemi sanitari del mondo».
Sul futuro non mancano elementi di preoccupazione, soprattutto in tema di nuovi possibili epidemie o pandemie. «Di germi pericolosi ne abbiamo tanti in giro per il mondo. Penso a Ebola, Zika, al virus Marburg. Ogni tanto si sviluppano piccole epidemie. Oltre a vecchie malattie che tornano nelle zone di guerra, come colera e polio. L’influenza muta, soprattutto quella aviaria che può passare all’uomo. Ma anche l’influenza umana è un virus che muta, è a RNA come il Sars Cov 2. Quando fa una mutazione più grande ci trova impreparati. Una delle possibili emergenze sanitarie può essere l’influenza. I vaccini a mRNA possono servirci: ma con il Covid non è stato un miracolo, erano già studiati da dieci anni. Non li hanno inventati in pochi mesi».
Vella, nei mesi più caldi della campagna vaccinale, ha sostenuto la liberalizzazione dei brevetti sui vaccini Covid, un tema su cui si è dibattuto molto: «Il problema dei beni comuni di salute prima o poi lo dobbiamo affrontare. Bisogna rispettare il concetto della proprietà intellettuale che va bilanciato con il diritto alla salute. Comunque anche la liberalizzazione dei brevetti la pandemia non sarebbe finita prima: Intersos ha dimostrato che questi vaccini si potevano portare anche con una catena del freddo complessa. Direi che è stato fatto tutto il possibile».
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