Un gruppo di ricercatori dello IEO e dell’Università degli Studi di Milano scoprono come farmaci già in uso possono essere potenzialmente efficaci contro tumori con una diffusa anomalia genetica. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications e Cancer Discovery
Il gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) coordinati da Stefano Santaguida, group leader del Laboratorio di integrità genomica allo IEO e professore di Biologia Molecolare all’Università Statale di Milano, ha scoperto che due classi di farmaci anticancro, già in uso in clinica, sono in grado di interferire con l’aneuploidia. Quest’ultima è una caratteristica genetica comune nelle cellule tumorali, che hanno spesso un numero di cromosomi diverso da quello tipico delle cellule normali umane. I ricercatori hanno individuato un possibile nuovo approccio terapeutico, applicabile a diversi tipi di cancro. I risultati sono l’esito di due lavori di ricerca pubblicati sulle riviste Nature Communications e Cancer Discovery.
Il gruppo di studio, in un precedente filone di ricerca, aveva infatti contribuito a dimostrare che l’aneuploidia può essere un bersaglio di farmaci anticancro: una sorta di “tallone d’Achille“, vulnerabile anche in quei tumori che resistono ai farmaci a bersaglio molecolare, diretti contro specifiche alterazioni. “Finora questo importante segno distintivo del cancro non è mai stato clinicamente sfruttato come bersaglio di cura, perché fino a poco tempo fa mancavano gli strumenti necessari a riprodurre e coltivare in laboratorio cellule puramente aneuploidi. Le cellule tumorali sono infatti caratterizzate da un caos genetico dovuto una diversa anomalia, fra cui appunto l’aneuploidia”, spiega Santaguida.
“Diversi laboratori di ricerca da anni cercavano di generare sistemi in cui l’aneuploidia poteva essere studiata singolarmente, ossia senza la presenza di altre alterazioni normalmente esistenti nelle cellule tumorali”, dice Santaguida. “Lo scopo era analizzare questa caratteristica e capire come colpirla cellule in coltura esclusivamente con cariotipi aneuploidi. Abbiamo così potuto creare dei cloni di cellule aneuploidi – continua – e studiarli per capire le loro vulnerabilità, vale a dire quali processi servono loro a sopravvivere e quali sono quindi sfruttabili come bersagli terapeutici. Abbiamo così scoperto che le cellule aneuploidi vengono colpite sia dai farmaci chemioterapici che inducono danni al DNA, sia dai PARP-inibitori, i farmaci un bersaglio molecolare utilizzato per esempio nella terapia del tumore dell’ovaio e della mammella. Si tratta di farmaci efficaci in caso di mutazione BRCA e altri deficit genetici. I risultati ottenuti con le cellule aneuploidi generate in laboratorio sono stati validati su campioni ottenuti da pazienti siamo quindi fiduciosi che i nostri studi offriranno a breve nuove possibilità di cura per l’ampio gruppo di tumori aneuploidi”.
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