«Non può esistere una dieta valida per tutti: il regime alimentare dipende da tanti fattori. Una dieta varia, completa e sostenibile è da preferire. No a criminalizzare la carne» parla il Professor Giuseppe Pulina, Presidente dell’associazione Carni sostenibili
Secondo lo studio della Commissione Eat-Lancet, pubblicato sulla famosa rivista scientifica inglese The Lancet, una dieta “sana” e “universale” esiste ed è amica del pianeta. Cosa prevede? Raddoppiare il consumo globale di frutta, verdura, legumi e frutta secca e ridurre quello di alimenti di origine animale e zuccheri, per un massimo di 14 grammi di carne rossa al giorno. «Parliamo di un hamburger alla settimana, troppo poco» ha spiegato il professor Giuseppe Pulina, agronomo, professore ordinario di Zootecnica speciale all’università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili, nell’intervista a Sanità Informazione a margine della presentazione del report Lancet alla Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations).
Il professore ha espresso, ai nostri microfoni, i suoi dubbi su questo regime alimentare “universale”: vediamo perché.
Professore, il report della rivista scientifica The Lancet promuove la dieta “sana e universale” e fissa il limite giornaliero in 14 grammi di carne rossa. Cosa è emerso dal dibattito?
«Esatto, un hamburger alla settimana. Dunque, il problema di questo report, dal mio punto di vista, parte da due presupposti che sono da dimostrare: il primo, è che gli alimenti di origine animale siano impattanti, come loro affermano, e che siano dannosi per la salute. Noi, come “Carni sostenibili”, esprimiamo i nostri dubbi perché sono in corso ancora grandi discussioni in merito, ossia che le carni siano nocive per la salute e che provochino inquinamento ambientale – in particolare emissioni di gas serra – e che per questo non possono rappresentare basi solide su cui costruire un ragionamento. Ma l’altro aspetto più rilevante, è che non può esistere una dieta universale, in quanto ciascuno ha la propria dieta per tradizione e per costume locale. Si tratta del parere di una commissione di esperti autorevoli che però non hanno sottoposto questo lavoro alla comunità scientifica internazionale. Esistono mille riviste del settore delle produzioni animali che dicono cose diverse; per questo, pur sottolineando il contributo dello studio del Lancet al dibattito, si è evidenziato che, per ciò che riguarda l’aspetto delle produzioni animali e del consumo di carne e pesce le considerazioni espresse dalla commissione sono da riconsiderare per due motivi. Il primo, perché la maggior parte della popolazione dei paesi in via di sviluppo vive con gli animali e grazie agli animali ed il secondo è che ci sono molte diete che sono legate a fattori locali e culturali che hanno come base prodotti di origine animale. La dieta universale è un argomento al centro del dibattito scientifico e tecnico: a mio avviso, non esiste una ricetta unica per tutti, e tra l’altro, quella indicata dal Lancet, contiene errori di natura nutrizionale: è troppo calorica, perché per poter far fronte alla carenza di prodotti di origine animale, carni in particolare, occorre consumare più cereali e prodotti energetici. Noi diciamo di preferire la dieta mediterranea in cui si consumano tutti gli alimenti in maniera completa e responsabile».
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Anche le linee guida dell’OMS suggeriscono quantità maggiori di carne. È corretto?
«Assolutamente sì, anche quelle sono linee guida che vanno a sposarsi con l’aspetto fondamentale delle condizioni locali. Noi dobbiamo dare indicazioni per una dieta che sia equilibrata. Una dieta universale, dal mio punto di vista, non esiste. Lei deve pensare alla dieta mediterranea: quello che si mangia a Marsiglia non è uguale a quello che si mangia a Creta. Sono tutte diete mediterranee ma diverse tra loro, anche se seguono tutte qualcosa di analogo».
Lei è il presidente di carni sostenibili: cosa significa carne sostenibile?
«Carni Sostenibili ha l’obiettivo di trattare in modo trasversale i temi nutrizionali, ambientali, economici, sociali e del benessere animale, legati al mondo della produzione delle carni. L’obiettivo che il settore delle carni deve affrontare, oggi, è quello di una maggiore offerta “sostenibile” per garantire una produzione efficiente, attenta all’ambiente e al benessere degli allevatori e degli animali. Abbiamo una responsabilità: dobbiamo produrre meglio impattando meno, bisogna consumare in maniera responsabile, bisogna trattare bene gli animali, le condizioni di allevamento ed il benessere animale sono requisiti fondamentali da rispettare. Le carni fanno parte delle diete mediterranee, il consumo corretto è di due-tre volte a settimana. Non possiamo criminalizzare un alimento, ma cerchiamo di consegnare alimenti buoni e sicuri».
Mangiare un po’ di tutto, con una particolare attenzione alla qualità e in modo vario e completo?
«E aggiungo in modo “tradizionale”. Io dico sempre che se si ha la fortuna di avere una nonna in casa non si ha bisogno di guardare un libro di ricette. Tornare un po’ alle abitudini ed allo stile di vita di una volta può essere un buon consiglio…».