L’ex Ministro della Salute spiega: «In base alla Costituzione, il diritto alla tutela della salute è un diritto che non può entrare in conflitto con gli altri e va salvaguardato in sé. Prima dell’obbligo bisogna informare e persuadere». Sull’emergenza Covid: «Nella prima ondata ci siamo comportati bene, ma nella seconda siamo stati impreparati»
«Prima di tutto occorre informare e persuadere. Poi è chiaro che se tanti ancora sceglieranno di non vaccinarsi toccherà alla Legge intervenire». Mariapia Garavaglia, ex Ministro della Salute e oggi Vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, non esclude affatto la possibilità che nei prossimi mesi ci possa essere una Legge che introduca l’obbligo del vaccino anti Covid-19. Non è un tema di oggi, perché le dosi sono ancora limitate essendo stati autorizzati solo due vaccini, ma in futuro il problema si potrebbe porre, soprattutto in vista dell’agognata immunità di gregge che per ora resta un miraggio.
Lo stesso Comitato di Bioetica, in un documento redatto a fine novembre, aveva emanato alcune raccomandazioni sul tema vaccini: «L’emergenza pandemica – si legge sul documento – non deve portare a ridurre i tempi della sperimentazione, indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico, per garantire la qualità e la protezione dei partecipanti». Per il CNB il vaccino deve essere considerato un «bene comune, la cui produzione e distribuzione a favore di tutti i Paesi del mondo non sia regolata unicamente dalle leggi di mercato». Il Comitato presieduto da Lorenzo D’Avack aveva sottolineato che «non si può escludere l’obbligatorietà in casi di emergenza, soprattutto per gruppi professionali maggiormente esposti all’infezione e alla trasmissione della stessa».
A Sanità Informazione, Mariapia Garavaglia spiega il senso della presa di posizione del Comitato: «Occorre persuadere. È un fatto importante in sé, perché è educazione sanitaria ed educazione civica. È una assunzione di responsabilità nei confronti della comunità. Alla mia libertà, anche eventualmente quella di non vaccinarmi, corrisponde la libertà degli altri di non farsi infettare: io ho il diritto di non farmi contagiare. Il diritto alla tutela della Salute è definito in Costituzione “fondamentale”: non c’è in nessuna altra parte della Costituzione l’aggettivo “fondamentale” vicino a un diritto. Vuol dire che è un diritto che non può entrare in conflitto con gli altri e va salvaguardato in sé».
Nel difficile equilibrio tra diritti e libertà, la tutela della salute ha un peso decisivo per Garavaglia: «Se a causa di una vaccinazione mancata io non sono più uguale agli altri cittadini e potrei avere un danno – aggiunge l’ex Ministro – è evidente che lo Stato a quel punto deve intervenire».
Altro tema eticamente sensibile è quello della scelta del vaccino: quando ce ne saranno diversi in campo, sarà possibile per il cittadino scegliere? «È un tema da approfondire – ammette Garavaglia -. Come lei sa, il prontuario terapeutico nazionale è deciso dallo Stato. C’è un’Agenzia nazionale, l’Aifa. Tocca all’Aifa decidere. Sappiamo che ci sono farmaci equivalenti. Quindi se i vaccini sono efficaci e l’Aifa li registra e li considera tutti somministrabili lo Stato può decidere, per averne una sufficiente quantità, di usare tutti quelli che l’Aifa ha messo a disposizione. Il criterio è quello del prontuario. È lo Stato che decide la validità della messa in circolazione di un farmaco quando viene approvato».
Infine, il colloquio verte sull’emergenza Covid e sulle misure messe in atto dal governo, con una discrepanza tra prima e seconda ondata. «Nella prima ondata siamo stati colti di sorpresa ma ci siamo comportati bene e addirittura abbiamo anche fatto scuola. In questa seconda ondata avevamo il tempo per prepararci e non lo abbiamo fatto».
«Il personale non è sufficiente. Abbiamo il Sistema sanitario nazionale sguarnito dal punto di vista della quantità oltre che della qualità del personale. Nei mesi scorsi avrei fatto delle sanatorie perché noi abbiamo precari che ormai lavorano da anni nel SSN: anche per esperienza, sono diventati capaci come professionisti. Avrei fatto una sanatoria con qualche criterio di selezione per avere sufficiente personale».
«Voglio sottolineare, inoltre, quello che è accaduto con le RSA: non sono state controllate per garantire una giusta qualità del servizio. In alcune regioni del nord le RSA sono certamente adatte agli standard richiesti per la tutela della dignità degli anziani, ma non è così in tutta Italia», conclude.
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