Le percentuali di medici e professionisti sanitari cui è stata somministrata la terza dose di vaccino contro il Covid-19 sono troppo basse. Sul tavolo la carta dell’obbligo
Crescono costantemente da un mese i contagi tra gli operatori sanitari. Sembra il copione di un film già visto, ma è la realtà dell’autunno 2021. In cui ancora e di nuovo camici bianchi, infermieri e operatori tornano a rischiare con il Covid sul lavoro. Questa volta però c’è un’arma in più, il vaccino, e il governo intende sfruttarlo al meglio introducendo l’obbligo della terza dose.
Se ne parla da giorni, ma le indiscrezioni dall’interno vorrebbero il provvedimento già in Consiglio dei Ministri questa settimana. Il ministro della Salute Roberto Speranza l’avrebbe presentato al presidente Draghi durante la cabina di regia della settimana scorsa, portando con sé dati incontrovertibili sulla necessità di ricostituire uno schermo forte attorno al personale sanitario.
Se si pensa che ad agosto erano poco più di 930 i contagi tra sanitari e a novembre hanno toccato i 2.736, di cui oltre l’80% composto da infermieri, il problema si mostra evidente. L’Italia non è fuori dalla pandemia e non si può permettere di ridurre ulteriormente l’organico di ospedali, distretti sanitari ed Rsa. Ulteriormente in quanto le sospensioni per chi ha rifiutato il vaccino sono già in atto in tutto il Paese e la possibilità che i rimasti non possano lavorare perché malati a casa costituirebbe un problema ancora più grande.
Dunque, la terza dose ai sanitari deve diventare realtà e lo diventerà con ogni probabilità. Del resto i sanitari hanno ricevuto le loro prime e seconde dosi a cavallo tra gennaio e febbraio 2021, per cui un calo della protezione specie se sovraesposti al virus è fisiologico. Secondo i dati in nostro possesso, pubblicati anche dall’Istituto Superiore di Sanità, dopo sei mesi l’efficacia del vaccino anti-Covid contro l’infezione si dimezza. Appare quindi chiaro come i sanitari rischino maggiormente ora che è passato quasi un anno dalle prime somministrazioni, a loro riservate come categoria prioritaria.
Visti i dati scientifici, si potrebbe anche tornare indietro sulla scelta estiva del Comitato tecnico-scientifico di allungare la durata del Green pass da sei mesi (per i guariti) e nove (per i vaccinati) ad un anno. Anche questa misura dovrebbe arrivare sul tavolo del governo, per riportare la certificazione verde a sei o nove mesi e accelerare per tutti la somministrazione delle terze dosi. L’obbligo di terza dose, in ogni caso, riguarderebbe solo il personale sanitario come attualmente quello per le prime due. Ad oggi l’aderenza spontanea ha coperto già 3 milioni di italiani tra over 60 (17 milioni 750mila persone), fragilissimi (931mila persone) e professionisti sanitari (1,9 milioni). L’obbiettivo di Speranza e del governo è però quello di aumentare in fretta queste cifre in vista dell’inverno. Da qui anche la raccomandazione del Cts ad effettuare contemporaneamente vaccino antinfluenzale e terza dose contro Covid.
Guido Rasi, direttore scientifico Consulcesi e consigliere del generale Francesco Figliuolo, ha avvertito che quello a cui andiamo incontro «non sarà un Natale normale». Con la terza dose però, può essere più facile che somigli a quelli a cui eravamo abituati prima della pandemia. Specie per gli operatori sanitari, che sperano di non dover gestire nuovamente reparti pieni. «La terza – ha però concluso Rasi – potrebbe essere l’ultima: per gli immunologi il ciclo completo di solito prevede tre dosi. Se non ci saranno altre varianti, con la terza dose dovremmo essere a posto».
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