L’obesità aumenta significativamente il rischio di sviluppare il diabete. Precisamente sei volte negli uomini e dieci volte nelle donne. Allo stesso tempo un calo di peso del 5% diminuisce il rischio diabete del 40%. Lo ha sottolineato la Società italiana di diabetologia (Sid), in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità che si celebra oggi
L’obesità aumenta significativamente il rischio di sviluppare il diabete. Precisamente sei volte negli uomini e dieci volte nelle donne. Allo stesso tempo un calo di peso del 5% diminuisce il rischio diabete del 40%. Lo ha sottolineato la Società italiana di diabetologia (Sid), in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità che si celebra oggi. Si tratta di un problema particolarmente sentito in Italia, dove il rischio di sovrappeso e obesità è particolarmente elevato già dall’età pediatrica: si stima infatti che 8 su 11 bambini/adolescenti, secondo la WOF, e 6 adulti su 10 adulti ne saranno affetti.
Secondo l’ultimo rapporto “Childhood Obesity Surveillance Initiative” dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Italia si colloca infatti al 4° posto in Europa per prevalenza di sovrappeso e obesità di poco al di sotto del 40%, superata solo da Cipro, Grecia e Spagna. Per la prevalenza della sola obesità, invece, il nostro Paese è al 2° posto in Europa. “Un bambino obeso ha il 75-80% di probabilità di diventare un adulto obeso ad alto rischio diabete”, spiega Angelo Avogaro, presidente della Sid. “Due parole ormai strettamente correlate al punto da esser definite con il solo termine di ‘diabesità’. Nel contrasto a questo fenomeno, oltre a una sana e varia alimentazione, serve un’attività fisica quotidiana, in Italia poco ancora troppo poco diffusa: sempre secondo il 44,8% degli italiani adulti non pratica un adeguato livello di attività fisica, mentre questa percentuale raggiunge addi il 94,5 % nei bambini, ultimo Paese OCSE”, aggiunge.
“Una letteratura ormai consolidata ci dice che anche una diminuzione del 5% del peso diminuisce il rischio di diabete del 40% – continua Avogaro – con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e la pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo 2”. Prosegue Frida Leonetti, professore ordinario di Endocrinologia Università La Sapienza – Polo Pontino: “Sappiamo che le persone in sovrappeso hanno un rischio tre volte superiore di sviluppare diabete di tipo due, mentre nei soggetti con massa corporea superiore a 30 (BMI) il rischio arriva a sei volte di più degli uomini e 10 volte di più nelle donne poi punto si tratta di una correlazione direttamente proporzionale all’eccesso di peso”.
“La buona notizia e che, nei casi in cui l’indice di massa corporea sia alto ma non eccessivo, un calo di peso anche moderato è molto utile e migliora i parametri della glicemia“, sottolinea Leonetti. “La chirurgia bariatrica invece rende la malattia più trattabile, con un miglioramento del controllo glicemico e delle condizioni generali della persona, in alcuni casi con una remissione del diabete”, aggiunge. L’adesione della Sid alla World Obesity Federation ha un duplice importante significato. Sovrappeso e l’obesità insieme al diabete mellito rappresentano, non solo nel mondo occidentale, una propria pandemia; se non si metteranno a punto misure adeguate di prevenzione e trattamento si stima che le rispettive prevalenze aumenteranno in maniera esponenziale nei prossimi anni. La Sid, in qualità di società scientifica, intende contrastare con un’opera di formazione e divulgazione questa epidemia globale.
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