In un’intervista su Dire, il consigliere di Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi, analizza gli errori della gestione italiana e riflette sulla possibilità di una quarta dose e di pandemie future
Con l’avvicinarsi del termine del 31 marzo, data in cui lo stato di emergenza sarà ritirato, è inevitabile chiedersi se passeremo davvero attraverso un ritorno alla normalità come tanti promettono. Gli esperti su questo sono divisi, sebbene il passaggio verso l’endemia sembri scontato prima o poi. In un’intervista all’agenzia Dire, il professor Guido Rasi ha però parlato di «tregua temporanea».
Il consigliere del commissario Figliuolo e direttore scientifico di Consulcesi, ha parlato di una tregua possibilmente prolungata ma senza dimenticare che la reinfezione con Covid è comune, sia nei guariti che nei vaccinati. Tuttavia, reinfettarsi (o infettarsi dopo le tre dosi) nella quasi totalità dei casi significa una malattia breve e leggera. Dunque vaccinarsi è ancora di importanza centrale: «Sappiamo che circa il 70% (dei ricoverati in ospedale per Covid) sono persone non vaccinate. Allora il problema non è tanto l’andamento generale, che adesso è molto buono in Italia, ma occupare posti letto per il Covid quando sarebbe evitabile. Questo è inaccettabile, abbiamo un tale arretrato di patologie normali che veramente ogni letto occupato indebitamente è un delitto», ha detto Rasi.
L’obbligo vaccinale, in questo senso, sarebbe stato «più semplice, più onesto e più diretto», ribadisce. Giustificato inoltre da «evidenze scientifiche e considerazioni etiche». Sulla quarta dose la discussione è ancora piuttosto accesa, solo ai fragili o alla fine dovremmo farla tutti? «Se il Covid si dovesse comportare come un’influenza, fare una quarta dose avrebbe poco significato – spiega Rasi – perché sappiamo che ripristinare un valore molto alto di anticorpi significa ridurre percentualmente i contagi, ma sostanzialmente avere lo stesso buon risultato che si ha attualmente riguardo alla malattia severa. Questo però va ovviamente confermato da qui a maggio/giugno. Una quarta dose per tutti, nell’intento di allineare la massima protezione anticorpale possibile e per avere la minima contagiosità, è un obiettivo di massa non perseguibile per lungo tempo; della quarta dose, allora, forse se ne può parlare a fine anno, magari anche con dei vaccini che abbiano delle caratteristiche diverse».
Giudicando la gestione pandemica in Italia, il professor Rasi ha parlato di difetti in quella riservata al territorio. Da migliorare «l’individuazione rapida delle cure che davano i migliori risultati, la velocità di trasferimento in ospedale e dall’ospedale alle terapie intensive, la somministrazione di monoclonali, che sono un’arma che non abbiamo mai utilizzato. Insomma, tutti quegli atti che avrebbero portato il paziente ad essere gestito rapidamente». Nonché la comunicazione: «Abbiamo preso quasi sempre decisioni esatte, che però sono state o comunicate senza spiegare il motivo o non comunicate».
L’esperto conclude con una nota amara: sì nuove pandemie ci saranno e non è prevedibile quando accadrà. «L’Italia non sarà pronta – aggiunge – come al solito e come non lo sarà mezzo mondo. L’uomo impara come individuo, ma a livello sociale non impara niente. Ci sono troppe idee contrastanti, la frammentazione politica, la frammentazione degli interessi del momento… La perdita della memoria sociale è purtroppo nella storia, nel Dna dell’uomo, per cui io credo che in futuro non saremo preparati».
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