L’esperta: «L’89% delle pazienti che hanno desiderato un figlio dopo la malattia oncologica hanno ottenuto il benestare degli esperti. Incinta 7 su 10»
Cinquemila persone ogni anno scoprono di avere un cancro in età fertile. Un avvenimento drammatico che, fino a qualche anno fa, cancellava per sempre la speranza di costruire una famiglia dopo aver vinto la propria lotta contro la malattia. Oggi, avere un figlio dopo il cancro, grazie al progresso nel campo della medicina della riproduzione, è possibile.
«Le donne che hanno superato la malattia grazie ai trattamenti oncologici – assicura Federica Moffa, specialista in riproduzione assistita di Institut Marquès – possono progettare una gravidanza». Due le condizioni necessarie: «Nessun rischio per la salute della madre, né possibilità di recidiva della malattia – aggiunge l’esperta -. Entrambi i requisiti saranno, ovviamente, esaminati per ogni singolo caso da un’equipe di esperti». Ma affrontare questa valutazione preliminare non è un’impresa impossibile: quasi tutte le donne la superano con successo. «Uno studio condotto da Institut Marquès – commenta la Moffa – dove è presente un team specializzato in oncofertilità, ha mostrato come l’89% delle pazienti che hanno desiderato un figlio dopo la malattia oncologica hanno ottenuto il benestare degli esperti per intraprendere il proprio percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA)».
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Le tecniche utilizzate per le donne che hanno superato un cancro sono le stesse impiegate per le altre pazienti: «La procedura scelta è più che altro legata all’età della donna. Non ci sono delle tecniche proibite – dice la specialista in riproduzione assistita – ed anche le terapie, con delle piccole modifiche, sono molto simili a quelle standard».
Esistono tuttavia dei casi in cui la PMA è sconsigliata: «Quando la paziente non ha completato il trattamento oncologico, oppure non è trascorso un tempo sufficiente libero da malattia, un tempo che può essere variabile a seconda della tipologia di tumore». La maggior parte delle pazienti che si rivolgono ad un centro di PMA hanno superato un tumore al seno, «poiché – spiega Moffa – è questo il cancro più frequente tra le donne in età fertile. In altri casi, si tratta di pazienti che hanno lottato contro tumori del sangue o linfomi, soprattutto in età pediatrica».
Ma a sognare di dare alla luce un figlio dopo il cancro non sono solo le donne. Anche gli uomini che scoprono di avere un tumore possono preservare la loro capacità riproduttiva. «Sono soprattutto i tumori testicolari a ridurre la fertilità e, più in generale, tutti i trattamenti oncologici come la chemio o la radio. In alcuni casi – dice la specialista in riproduzione assistita – è possibile prelevare spermatozoi residui a livello testicolare anche dopo le terapie. In altri, i pazienti sono costretti a rivolgersi a donatori di seme».
Ma anche quando si parla di riproduzione prevenire è meglio che curare: «Nei centri oncologici è ormai abitudine quasi consolidata proporre alle giovani donne di conservare i propri ovociti prima di procedere ai trattamenti oncologici e agli uomini di congelare il proprio liquido seminale. Una tecnica semplice – sottolinea Moffa – che permette a chiunque di preservare la propria fertilità, prima che sia messa a rischio dalla malattia e dai trattamenti necessari a sconfiggerla».
L’importante è non perdersi d’animo, soprattutto perché i successi non sono così rari: «All’Institut Marquès 7 donne su 10 che hanno desiderato un figlio dopo il cancro sono riuscite a realizzare il proprio sogno. E, soprattutto, lo hanno fatto anche in tempi ragionevoli: dal primo colloquio alla valutazione, fino al trattamento ed alla gravidanza non sono trascorsi più di due anni. Un figlio dopo il cancro? Non solo si può, ma si riesce», conclude l’esperta.
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