Per il presidente del Collegio Italiano Primari Oncologi Ospedalieri Luigi Cavanna la sfida del futuro è quella di una oncologia del territorio efficace. «Ora è essenziale che i malati di Covid vengano curati a casa il più possibile e che si trovino dei percorsi riparati per i malati oncologici perché possano fare i loro esami» spiega Cavanna
Tra le criticità del nuovo Piano oncologico, all’esame della Conferenza delle Regioni, c’è il ruolo che dovrà giocare l’assistenza sanitaria territoriale nella presa in carico dei malati di tumore. Un tema che sta molto a cuore al Cipomo, il Collegio Italiano Primari Oncologi Ospedalieri, guidato da Luigi Cavanna, pioniere delle cure domiciliari Covid durante la prima ondata. Tra le richieste che Cipomo aveva fatto nell’ultimo Congresso c’era proprio quella di creare una vera e propria “oncologia del territorio” con servizi che integrino quelli previsti dal sistema ospedaliero evitando di sovraccaricare l’oncologia ospedaliera. «L’importante è che ci sia un unicum e che siano gli stessi medici che hanno il paziente in cura a spostarsi sul territorio. Non ci deve essere una oncologia di serie A e di serie B ma la stessa modalità di gestione», spiega Cavanna a Sanità Informazione.
«Le preoccupazioni sono legittime. Bisogna sempre stare molto attenti. Per quanto riguarda il discorso delle cure oncologiche di prossimità o vicino alla residenza del paziente, sono un obiettivo da perseguire perché il malato oncologico deve affrontare moltissimi problemi, tra cui quello dello spostamento, del viaggio, delle attese che può essere irrisorio se viene fatto una volta, al massimo due volte, come nel caso degli interventi chirurgici. Ma una terapia medica per un malato che ha una patologia metastatica, cioè presente nel corpo, spesso continua per mesi o per anni e quindi la distanza dal luogo di cura pesa. L’importante è che ci sia un unicum e che siano gli stessi medici che hanno il paziente in cura a spostarsi sul territorio. Non ci deve essere una oncologia di serie A e di serie B ma la stessa modalità di gestione. Se il paziente trova lo stesso medico vicino a casa e risparmia 50 km all’andata e al ritorno allora va bene. Se trovo un’altra modalità diventa più complicato. Di questo hanno paura i pazienti, dobbiamo togliere questa paura dimostrando che se abbiamo un unicum gestionale sarà tutto molto positivo per i malati».
«Come Cipomo siamo intervenuti alcuni mesi fa proprio per chiedere un intervento in materia: non si può sempre far pagare il prezzo ad ammalati che hanno una malattia tempo dipendente come il tumore. Se la diagnosi la faccio due/tre mesi dopo rischio di trovare una malattia non più guaribile. Sono fondamentali due cose: che i malati di Covid vengano curati a casa il più possibile e che si trovino dei percorsi riparati per i malati oncologici perché possano fare i loro esami. Credo che in questo momento molti pazienti per fare un esame spesso devono pagare. Ma così non è più una scelta: se una persona deve aspettare mesi per fare un esame e va a pagamento non è più una scelta ma diventa un obbligo e questo non va bene».
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