Alla Camera il dibattito tra esperti nel corso delle audizioni per l’istituzione della Commissione d’inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di Sars-CoV-2 con un focus sul comportamento delle autorità cinesi. Al Nord Italia due varianti già a febbraio 2020
La discussione sull’origine del Sars-Cov-2 continua a tenere banco all’interno della comunità scientifica italiana e internazionale. Alcuni virologi italiani, auditi dalle Commissioni riunite Esteri e Affari sociali, sembrano però bocciare l’ipotesi di una fuoriuscita del virus dal laboratorio di Wuhan rilanciata nelle settimane scorse nientemeno che da Anthony Fauci, capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense.
Il dibattito si è generato nell’ambito dell’esame della proposta di inchiesta parlamentare riguardante l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di Sars-CoV-2 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati e dall’Oms per evitarne la propagazione nel mondo presentata dal leghista Paolo Formentini. Al centro dei lavori della Commissione, se dovesse essere istituita, ci sarà anche il ruolo delle autorità cinese e il loro tempestivo (o intempestivo) alert alla comunità internazionale sul nuovo virus.
Massimo Ciccozzi, professore di Epidemiologia e Statistica medica presso l’Università Campus bio-medico di Roma, e Massimo Galli, professore di Malattie infettive presso l’Università Statale di Milano e Direttore della Scuola di specializzazione in malattie infettive presso l’Ospedale Luigi Sacco di Milano, bocciano l’ipotesi del virus proveniente dal laboratorio.
«L’errore di laboratorio non si può escludere – spiega Massimo Ciccozzi -. Anche in un laboratorio di biosicurezza di livello 4 può accadere che sfugga qualcosa. Ma l’ipotesi dello spillover resta la più probabile. In Italia abbiamo avuto due ingressi del virus: uno dalla Cina e uno dalla Germania che ha infettato il nord Italia. L’errore più grande che abbiamo fatto è la mancata sorveglianza, dovremmo ragionare su quello per evitare che altre pandemie ci travolgano».
Ancora più netto Massimo Galli, che ricorda: «Nel 2017 uno studio che ha coinvolto migliaia di pipistrelli in tutto il mondo aveva evidenziato che il 9% di questi pipistrelli era portatore di almeno un tipo di coronavirus. Considerando che esistono più di 1400 specie di pipistrelli, è probabile che tra loro si possa incontrare un virus di questo genere. In questo caso la situazione è più complessa perché non è stato ancora individuato l’animale intermedio. Ma è molto difficile andare a pensare di poter attribuire ad un laboratorio la causa centrale di questo spillover. È vero che non è impossibile: una volta capitò in Russia nel 1977, con il virus dell’influenza A. Ma il Sars-Cov-2 non ha evidenza di ingegneria genetica al suo interno e probabilmente non si riuscirà mai a provare questa cosa».
Pone seri interrogativi Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di Virologia Molecolare della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, che accende i riflettori sulle date: «Wuhan dichiara di avere 27 casi il 31 dicembre 2019. Subito dopo la Cina costruisce un mega ospedale con centinaia di posti letto. Negli stessi giorni i colleghi cinesi sequenziano il virus e si scopre che le polmoniti sono generate da un coronavirus».
La tempistica non convince del tutto Baldanti che aggiunge: «Il primo caso in Italia è del 21 febbraio ma il paziente di Codogno non aveva avuto contatti con cittadini cinesi. Dunque, si era sviluppato un enorme focolaio autoctono. Con i test sierologici abbiamo scoperto che a Lodi c’erano state 10mila persone positive su 50mila, il 25%. E uno studio ha collocato l’introduzione del virus in Italia intorno al 15 gennaio. Inoltre, a Bergamo e a Lodi c’erano già varianti diverse rispetto al primo ceppo sequenziato. Queste varianti devono essersi generate da qualche parte».
Infine Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, ricorda come l’oggetto di questa Commissione sia già all’attenzione dell’intelligence di importanti Paesi come gli Stati Uniti. «Nel corso di quest’anno su questo argomento si è accumulata una grande quantità di documenti. Illustri scienziati hanno cambiato idea. Ancora non sono disponibili dall’intelligence informazioni di questo tipo. Il rapporto degli scienziati OMS in visita a Wuhan conclude con quattro ipotesi: potrebbero esserci anche fattori, cause e concause legati tra loro. La storia ci dice, tuttavia, che in passato ci sono stati casi di batteri, come Antrace e Brucella, scappati da laboratori. Dobbiamo capire se la nostra intelligence abbia informazioni su questo».
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