Salute 21 Gennaio 2025 08:31

Osteoporosi, Fracture Liaison Services: “L’approccio multidisciplinare per un trattamento personalizzato contro le fratture da fragilità”

In uno studio pubblicato sul “New England Journal of Medicine” l’importanza delle cosiddette “Fracture Liaison Services (FLS)” nell’affrontare il crescente problema delle fratture correlate all’osteoporosi. L’intervista al professore Nicola Napoli, autore della ricerca

Osteoporosi, Fracture Liaison Services: “L’approccio multidisciplinare per un trattamento personalizzato contro le fratture da fragilità”

Un nuovo Perspective, pubblicato sul “New England Journal of Medicine”, sottolinea il ruolo essenziale delle cosiddette “Fracture Liaison Services (FLS)” nell’affrontare il crescente problema delle fratture correlate all’osteoporosi, in particolare quelle di femore. Lo ha scritto Nicola Napoli, direttore Patologie osteo-metaboliche e della tiroide della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e professore ordinario di Endocrinologia dell’Università Campus Bio-Medico. In un’intervista a Sanità Informazione, il professor Napoli fa il punto della situazione su una patologia, l’osteoporosi, identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come problema di salute globale per via dei rischi significativi di disabilità e mortalità che comporta. “In questo senso –  evidenzia lo specialista nel suo articolo sul “New England Journal of Medicine” – sono appunto fondamentali le “Fracture Liaison Services”, programmi specializzati che identificano i pazienti con frattura da fragilità, ne facilitano la valutazione multidisciplinare ed il corretto trattamento farmacologico e riabilitativo al fine di prevenire successive fratture (prevenzione secondaria)”.

Professor Napoli, quali novità emergono dalla sua pubblicazione?

L’articolo enfatizza innanzitutto l’enorme impatto delle fratture sulla salute delle persone. In Italia avviene una frattura da fragilità al minuto, con importanti conseguenze cliniche, aumentando significativamente il rischio di fragilità e mortalità. Ad esempio, dopo una frattura di femore, circa il 20% delle persone muore entro un anno dall’evento e il 60 % rimane disabile e spesso allettato con gravissime conseguenze (piaghe da decubito, infezioni ricorrenti, decadimento cognitivo). Le fratture vertebrali comportano dolore cronico, difficoltà respiratorie e limitazioni nel compiere le normali attività quotidiane”.

Ci sono altri elementi che ha sottolineato nella pubblicazione scientifica?

“Sì, che i costi delle fratture sono molto ingenti, pari In Italia a circa 10 miliardi di euro l’anno. Ma non solo: l’articolo evidenzia anche diversi aspetti della gestione e della prevenzione delle fratture da fragilità in pazienti affetti da osteoporosi, con particolare attenzione al ruolo delle cosiddette Fracture Liaison Services (FLS), un approccio multidisciplinare per migliorare gli esiti clinici e ridurre il rischio di fratture secondarie”.

Quali sono in questo senso i punti principali?

“Le Fracture Liaison Services colmano il divario tra il trattamento acuto delle fratture e la gestione a lungo termine dell’osteoporosi e offrono un modello sistematico per identificare i pazienti a rischio, avviare trattamenti farmacologici e implementare strategie di prevenzione delle cadute. Inoltre, riducono il rischio di ulteriori fratture del 74% e la mortalità correlata alle fratture. Il loro utilizzo è associato a miglioramento della qualità della vita e riduzione della fragilità e offrono un ritorno economico significativo, pari a 10,49 dollari per ogni dollaro investito”.

Esistono barriere al trattamento?

“Oggi solo il 20-30% dei pazienti con frattura da fragilità, a seconda dei Paesi, riceve un adeguato trattamento farmacologico (nonostante in Italia i farmaci siano completamente gratuiti). Non vi sono DRG (acronimo dell’espressione inglese ‘Diagnosis Related Groups’, in italiano ‘Raggruppamenti omogenei di diagnosi’, ndr) specifici e rimborsi per i servizi Fracture Liaison Services. Ma anche gli incentivi finanziari per le istituzioni sanitarie sono insufficienti e c’è scarsa sensibilità da parte degli enti sanitari”.

Quali sono le principali novità apportate da questa ricerca rispetto alle precedenti?

“Finora solo riviste di settore avevano affrontato il problema dell’accesso alle terapie per l’osteoporosi o l’approccio mediante Fracture Liaison Services. È la prima volta che una rivista cosi prestigiosa, e che si rivolge a tutta la classica medica, affronta il problema della gestione delle frattura da fragilità mediante Fracture Liaison Services. Per la prima volta, un giornale così importante, da spazio all’importanza delle Fracture Liaison Services, un modello essenziale per la prevenzione delle fratture da fragilità, con benefici sia per i pazienti sia per i sistemi sanitari. Viene sottolineata la necessità di un maggiore impegno per l’implementazione di questi programmi attraverso incentivi finanziari, politiche sanitarie mirate e il supporto di organizzazioni scientifiche”.

Ma facciamo un passo indietro: che cos’è l’osteoporosi?

“L’osteoporosi è una patologia sistemica dello scheletro caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo, che porta a un aumento della fragilità e del rischio di fratture. È una condizione comune, soprattutto nelle persone anziane, e può avere un impatto significativo sulla qualità della vita a causa delle complicanze associate, come le fratture ossee, spesso a livello di anca, polso e vertebre”.

Qual è l’incidenza dell’osteoporosi?

“L’osteoporosi è più comune nelle donne, soprattutto dopo la menopausa, a causa della diminuzione dei livelli di estrogeni, che svolgono un ruolo protettivo sulla densità ossea. Anche gli uomini possono esserne affetti, sebbene con una minore prevalenza. Circa una donna su tre e un uomo su cinque sopra i 50 anni rischiano di subire una frattura osteoporotica nel corso della vita. L’incidenza aumenta con l’invecchiamento della popolazione”.

E l’eziologia?

“L’osteoporosi può essere classificata in due forme principali. Innanzitutto, c’è l’osteoporosi primaria che si suddivide, a sua volta, in osteoporosi di tipo I, o postmenopausale, colpendo prevalentemente le donne dopo la menopausa a causa del calo di estrogeni, e osteoporosi di tipo II, o senile, la quale è associata all’invecchiamento ed è legata a un bilancio negativo tra formazione e riassorbimento osseo”.

L’osteoporosi secondaria invece?

“È causata da altre condizioni o fattori, tra cui malattie endocrine (iperparatiroidismo, ipertiroidismo), malattie gastrointestinali (celiachia, malassorbimento) e insufficienza renale cronica. Oppure da farmaci, come nel caso di un uso prolungato di corticosteroidi, di anticonvulsivanti e di inibitori della pompa protonica. Infine, può essere causata anche da stili di vita non corretti, che comprendano la sedentarietà, una dieta povera di calcio e vitamina D, l’abuso di alcol e il fumo”.

In che modo si diagnostica questa patologia e cosa prevede la valutazione clinica?

“La diagnosi di osteoporosi si basa su una combinazione di esami clinici, indagini strumentali e valutazione dei fattori di rischio. L’obiettivo è identificare la perdita di massa ossea e valutare il rischio di fratture. Pe prima cosa l’anamnesi medica per verificare la presenza di eventuali fratture pregresse, la familiarità per osteoporosi e fratture, lo stile di vita del paziente (fumo, consumo di alcol, attività fisica), la dieta e l’assunzione di calcio e vitamina D e l’uso di farmaci (corticosteroidi, anticoagulanti, anticonvulsivanti). C’è poi l’esame obiettivo che valuta la postura e la statura, la cui riduzione può indicare fratture vertebrali, e il dolore osseo o la lombalgia”.

Quali sono gli esami strumentali utili?

“Per prima cosa la densitometria ossea (DEXA o DXA), che rappresenta il gold standard per la diagnosi di osteoporosi. Misura la densità minerale ossea (BMD) a livello di colonna lombare, femore prossimale e polso (in casi specifici). I risultati sono espressi come T-score, nel seguente modo:

    • normale – T-score ≥ -1;
    • osteopenia – T-score tra -1 e -2,5;
    • osteoporosi – T-score ≤ -2,5;
    • osteoporosi severa –  T-score ≤ -2,5 con una o più fratture da fragilità.

Le radiografie sono utilizzate per identificare fratture (soprattutto vertebrali) in soggetti sintomatici o con perdita di altezza e possono prevedere la morfometria vertebrale.
Gli esami di laboratorio sono utili per escludere cause secondarie di osteoporosi.
La valutazione del rischio di frattura avviene, infine, attraverso un modello computazionale che stima il rischio a 10 anni di frattura osteoporotica maggiore (anca, colonna vertebrale, polso) e di frattura di femore, basandosi su fattori clinici e densità ossea”.

Su cosa si basa la cura dell’osteoporosi?

“La gestione dell’osteoporosi richiede una terapia personalizzata che combini farmaci, adeguamenti dello stile di vita e strategie di prevenzione. La diagnosi precoce e l’aderenza al trattamento sono fondamentali per ridurre il rischio di complicanze e migliorare la qualità della vita. In accordo alle linee guida del Ministero della Salute e della nota 79 (AIFA), i farmaci per l’osteoporosi si dividono in anti-riassorbitivi, che riducono il riassorbimento osseo, e anabolici, che stimolano la formazione ossea.”

I farmaci anti-riassorbitivi:

  • Bifosfonati (es. alendronato, risedronato, ibandronato, zoledronato)
    • Meccanismo: riducendo il riassorbimento osseo.
    • Somministrazione: Orale o endovenosa
    • Indicati come terapia di prima linea.
  • Denosumab
    • Meccanismo: Anticorpo monoclonale che inibisce il RANKL, prevenendo l’attivazione degli osteoclasti.
    • Somministrazione: Sottocutanea ogni 6 mesi.

I farmaci anabolici:

  • Teriparatide (analogo del PTH)
    • Meccanismo: Stimola la formazione ossea attivando gli osteoblasti.
    • Indicata nei casi di osteoporosi severa o con fratture multiple.
    • Somministrazione: Sottocutanea giornaliera, fino a 24 mesi.

I farmaci “Dual Action”:

  • Romosozumab
    • Meccanismo: Anticorpo monoclonale che inibisce la sclerostina, favorendo la formazione ossea.
    • Somministrazione: Sottocutanea mensile, per 12 mesi

I supplementi:

  • Calcio e vitamina D
    • Essenziali per il metabolismo osseo e per potenziare l’efficacia delle terapie farmacologiche, da somministrare se la dieta non è sufficiente.

Quanto impattano in tal senso gli stili di vita?

“Gli stili di vita sono fondamentali. Mi riferisco innanzitutto la dieta che deve mirare ad aumentare l’apporto di calcio, ad esempio attraverso il consumo di latticini, verdure a foglia verde o mandorle. In questo senso occorre anche un’adeguata quantità di vitamina D, grazie all’esposizione solare e all’assunzione di alimenti fortificati, ed evitare l’alcool, il fumo e la caffeina in eccesso, che possono influire negativamente sulla salute ossea. Certamente poi l’attività fisica riveste altresì un ruolo importantissimo, si pensi agli esercizi di carico (camminata e corsa leggera) e all’allenamento della forza per migliorare la densità ossea e la forza muscolare. Essenziale anche prevenire le cadute e, quindi, adattare l’ambiente domestico (ad esempio eliminando i tappeti o migliorando l’illuminazione) e utilizzare, se necessario, ausili per la deambulazione”.

In conclusione, qual è il valore aggiunto apportato da questa ricerca per i pazienti e per i clinici?

“Il valore aggiunto di questo articolo è soprattutto per i pazienti, considerato che l’osteoporosi è una malattia talmente diffusa da essere considerata una malattia sociale. Il nostro scopo è aumentare la sensibilità delle autorità sanitarie e della classe medica al problema delle fratture da fragilità, alla loro prevenzione e gestione clinica. Enfatizzando l’impatto positivo delle terapie disponibili e dei modelli di cura innovativi, proponiamo con forza che i pazienti con fratture da fragilità ricevano una terapia farmacologica e riabilitativa adeguata e che sia garantito a tutti l’accesso alle cure attraverso modelli di cura organizzati e multidisciplinari. Solo così il medico potrà adempiere alla propria missione di migliorare la qualità della vita dei propri pazienti, prevenendo la fragilità, la disabilità e la mortalità”.

 

 

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