Il Comitato scientifico di Fedios, la Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro: “Sono 2.055.000 le donne, su un totale di due milioni e 889mila pazienti con osteoporosi, che non curano la propria patologia, correndo seri rischi per la salute”
Il 71% delle donne che soffre di osteoporosi non riceve le cure adeguate o non ne riceve affatto. Percentuali che, tradotte in cifre, si trasformano il oltre due milioni – per la precisione 2.055.000 – di donne, su due milioni e 889mila, che corrono seri rischi per la propria salute. A denunciare questo enorme gap terapeutico è il Comitato scientifico di Fedios, la Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro. Il vicepresidente delle Fedios, Ferdinando Silveri, precisa anche che questa assenza di cura si traduce “in costi enormi per il Sistema Sanitario, per circa 9,4 miliardi di euro ogni anno”. Nel dettaglio si tratta di 5,4 miliari di costi diretti per fratture, dovuti essenzialmente all’ospedalizzazione, a cui si aggiungono altri 3,4 miliardi dovuti ai trattamenti per lunghe disabilità ed alla perdita di produttività. “Costi che in gran parte potrebbero essere risparmiati – dice Silveri – se le autorità sanitarie attuassero una più puntuale prevenzione e se da parte dei pazienti ci fosse una maggiore presa di coscienza del problema e con l’aiuto dei medici di famiglia una maggiore aderenza alle terapie”.
L’osteoporosi colpisce l’apparato scheletrico, è caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea. Situazione che porta ad un aumento del rischio di traumi anche minimi. L’incidenza di fratture da fragilità aumenta col passare degli anni, specie nelle donne. Nel corso della vita, circa il 40% della popolazione incorre in una frattura di femore, vertebra o polso, in maggioranza dopo i 65 anni. Queste fratture hanno rilevanti conseguenze, sia in termini di mortalità che di disabilità motoria, con elevati costi sia sanitari sia sociali. La mortalità da frattura del femore è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% a un anno di distanza. Nel 20% dei casi si ha la perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e solo il 30-40% dei soggetti torna alle condizioni precedenti alla frattura.
“L’osteoporosi – spiega Sandro Giannini, Presidente del Gruppo Italiano Bone Interdisciplinary Specialist (Gibis) – rappresenta oggi una emergenza sanitaria essendo una patologia in costante incremento: la mortalità a un anno dopo frattura di femore è del 25% e i soli costi diretti sono quattro volte superiori a quelli del tumore della mammella, tre volte quelli dell’infarto del miocardio e tre volte quelli dell’ictus”. Si stima che la malattia colpisca in Italia circa cinque milioni di persone, di cui l’80% donne in post menopausa, prevalenza che va ad aumentare con l’avanzare dell’età. “La vitamina D, importante per la prevenzione dell’osteoporosi la si assume per l’80% con l’esposizione al sole e per il 20% con l’alimentazione – sottolinea Ranuccio Nuti, Presidente Gruppo Italiano Studio Malattie Metabolismo Osseo (GISMO) -. Un’ alimentazione con grande apporto di pesce (anche, ma meno, di latticini e carne) . Ma nella popolazione italiana l’assunzione della vitamina D con gli alimenti è molto carente, oscillando da 200 a 250 unità giornaliere contro le necessarie 800″. Manca, quindi, in Italia un’informazione puntuale su questa malattia.
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