In Italia 5 milioni di persone sono affette da osteoporosi. La perdita di massa ossea e di quella muscolare sono processi fisiologici, ma entrambi concorrono a determinare un aumento della fragilità e del rischio fratture. Fondamentale la prevenzione con un corretto stile di vita, attività fisica e acquisizione di calcio, proteine e soprattutto vitamina D
C’è chi soffre di osteoporosi, chi di sarcopenia e chi di osteosarcopenia, una sindrome di recente definizione che vede la manifestazione concomitante di entrambe le patologie. L’osteoporosi aumenta il rischio di fratture a vertebre, polso, femore, e non solo. Il suo impatto può essere molto rilevante, tanto che in caso di frattura del femore il tasso di mortalità nell’arco di un anno è di circa il 20%, a cui si aggiunge, nonostante il miglioramento delle tecniche ortopediche, una disabilità nel 40% dei casi. Per arrivare ad una diagnosi di sarcopenia si valutano la forza, la quantità di tessuto muscolare e la prestazione fisica con l’analisi di una serie di performance con strumenti come il dinamometro e il test del cammino che valuta la velocità di camminata. Questi parametri integrati mostrano l’incremento della fragilità del soggetto che si può fratturare e ammalare.
L’osteoporosi, dal 1993 classificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come malattia sociale, vede numeri crescenti in Italia e nel mondo, con notevole impatto clinico, economico e sociale. I dati del Ministero della Salute rilevano che in Italia le persone affette da questa patologia siano circa 5 milioni (dato forse sottostimato), di cui l’80% sono donne, spesso in post menopausa. Ne sono colpite il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni. La sarcopenia è una sindrome che si caratterizza per la progressiva e generalizzata perdita di massa, forza muscolare e/o performance che porta ad aumentato rischio di disabilità fisica, scarsa qualità di vita, cadute, numerose complicanze e decesso.
«La comunità scientifica rivolge crescente attenzione a questi due aspetti spesso visti come separati: da una parte, la perdita di massa ossea e di resistenza dell’osso, ossia l’osteoporosi. Dall’altra, la perdita di massa, forza e performance muscolare, la sarcopenia – dice il professore Stefano Lello, Consulente Scientifico del dipartimento Salute Donna e Bambino Fondazione Policlinico Gemelli -. Osso e muscolo si influenzano vicendevolmente e allo stesso modo la salute di ossa e muscoli viaggia insieme: fare movimento, avere una dieta corretta con un introito adeguato di calcio, mantenere un buon livello di vitamina D sono aspetti di cui si giovano sia l’osso che il muscolo. L’interdipendenza è acuita dal fatto che l’età media della popolazione è in crescita, con riduzione complessiva della massa ossea e di quella muscolare. Entrambe determinano un aumento della fragilità e del rischio di cadute e di fratture. Uno studio del 2011, ad esempio, dimostra che nelle donne che si fratturano il femore, il 58% soffre anche di sarcopenia».
La perdita di massa ossea e muscolare rappresentano due processi inevitabili nella fase matura della vita. La massa ossea si costruisce fino a 25-30 anni, poi si inizia a perdere progressivamente nel tempo, con un’accelerazione nelle donne in menopausa. Seppure con un’ampia variabilità, circa l’1-2% della massa muscolare viene persa ogni anno dopo i 50 anni, per una riduzione totale compresa tra il 30 e il 50% all’età di 80 anni. La prevenzione può iniziare sin da giovani con uno stile di vita sano, acquisendo sempre più rilievo con il passare del tempo. Per valutare l’efficacia dello stile di vita e il monitoraggio dell’invecchiamento di ossa e muscoli è fondamentale il ruolo del Medico di Medicina Generale, che ha la possibilità di conoscere la storia clinica del paziente e di comprendere la sua evoluzione. «Anche nel soggetto anziano 20-30 minuti di attività fisica 3 volte a settimana possono migliorare la condizione di ossa e muscoli – evidenzia Lello -. Diventa poi necessario migliorare l’introito proteico: 1-1,5 grammi di proteine per chilo ogni giorno possono essere d’aiuto. Bisogna poi integrare la dieta con un efficiente apporto di calcio, senza dimenticare l’impatto sul sistema cardiovascolare. La supplementazione di vitamina D è fondamentale, come in tutte le fasi della vita: negli adolescenti con carenza di vitamina D c’è il rischio di non raggiungere il picco di massa ossea, ossia il massimo di quantità ossea che ognuno di noi raggiunge nella vita, che è geneticamente determinato e influenzato da fattori ormonali, dietetici, dall’attività fisica, dalla vitamina D stessa», conclude il professore.
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