Salute 10 Febbraio 2021 09:37

Pandemia: rischio per la presa in carico dei pazienti diabetici con neoplasia

In Italia quasi 2 malati oncologici su 5 soffrono di diabete. Franco Grimaldi, Presidente dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS): «Questi pazienti richiedono assistenza e cure multidisciplinari e in tempi stabiliti»

Pandemia: rischio per la presa in carico dei pazienti diabetici con neoplasia

Se convivere con il diabete è già complicato, doverlo fare mentre si lotta con il cancro lo è certamente di più e soprattutto in tempi di pandemia, ora che la gestione di anche una sola delle due patologie rischia di essere trascurata a causa dell’emergenza. E’ un problema che in Italia riguarda quasi 2 malati oncologici su 5 che, ora più che mai, hanno bisogno di un supporto maggiore e soprattutto multidisciplinare. A puntare i riflettori sulle difficoltà dei pazienti diabetici con il cancro è l’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS), che recentemente hanno dedicato un’ampia sessione scientifica che ha coinvolto numerosi esperti.

«Sappiamo che esiste una stretta correlazione tra diabete e rischio oncologico: dati Istat del 2016 indicano come dall’8 al 18% dei pazienti affetti da patologia oncologica sia anche affetta da diabete di tipo 2 – riferisce Maria Carpentieri. specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’AME –. L’incrementata prevalenza di patologie oncologiche in questo gruppo di pazienti potrebbe essere legata a meccanismi comuni alle due patologie, in cui obesità, cattiva alimentazione e scarsa attività fisica potrebbero condurre ad alterazioni delle vie di comunicazione cellulari con successivo sviluppo di tumori; la presenza di costante iperglicemia potrebbe poi favorire la crescita e metastatizzazione tumorale», aggiunge. Inoltre, alcune forme di diabete sono anche legate alla terapia oncologica stessa, causando il cosiddetto diabete iatrogenico, di cui il diabete stero-indotto (legato all’uso di cortisone) è la più frequente espressione. «Si stima che l’iperglicemia in generale interessi fino all’80% dei pazienti oncologici», evidenzia Carpentieri. Senza contare che i pazienti affetti da diabete hanno un rischio di sviluppare tumori il doppio rispetto alla popolazione generale e hanno una sopravvivenza ridotta rispetto ai pazienti normoglicemici.

«È indubbio che un paziente con neoplasia deve affrontare moltissime difficoltà», afferma Franco Grimaldi, presidente dell’AME. «Deve accettare la diagnosi ed iniziare a convivere con paure ed ansie. Potersi fidare delle terapie, affrontarle con tutti gli effetti collaterali, accettare spesso di dipendere da altre persone e perdendo parte della sua autonomia, attendere con ansia l’esito degli esami diagnostici, dover accettare a volte eventuali fallimenti delle terapie è una situazione da affrontare difficile e problematica», ed anche quando si è superata rimane dentro il timore di una possibile ricaduta. «Sicuramente la persona con diabete che affronta anche una patologia come il cancro – precisa Grimaldi – è più fragile, più vulnerabile, più a rischio ed anche più isolata. Questi pazienti richiedono che le cure siano effettuate nei tempi stabiliti: l’eventualità di che una visita o una terapia siano posticipate o rinviate generano paure ed ansie e spesso, in corso di chemioterapia e di terapia steroidea, può causare un peggioramento del compenso glicemico. Per tali pazienti è quindi fondamentale un accesso e stretto follow up diabetologico».

Per i pazienti diabetici, spesso è anche indicato e necessario iniziare una terapia insulinica a cui prima non erano pronti e abituati. «È quindi importante avere la possibilità di accedere agli ambulatori di diabetologia e poter essere presi in carico da tutta l’équipe», sottolinea il presidente dell’AME, che purtroppo, a causa della pandemia, è stata trascurata. Per la cura ottimale dei pazienti diabetici con neoplasie è essenziale, quindi, adottare ed applicare un impegno maggiore. «La presa in carico in équipe multidisciplinare agevola il paziente poiché avrà sentore di essere al centro di una rete di cura che possa rispondere al meglio ai suoi bisogni», evidenzia Grimaldi. «Inoltre, la comunicazione tra specialisti favorirà il rapporto con il paziente soprattutto con risposte univoche. Da non dimenticare anche il supporto psicologico che è fondamentale, così come la condivisione ed il coinvolgimento delle famiglie e del caregiver».

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