Salute 2 Marzo 2022 10:10

“Pandemie da salto di specie, emergenza o convivenza?”. Nel libro di G. Penocchio il confronto tra scienziati

Da Mario Tozzi ad Arnaldo Caruso, da Filippo Anelli a Massimo Ciccozzi: virologi, veterinari e scienziati dell’Ambiente a confronto per capire quale nuovo equilibrio può crearsi tra uomo e natura. Il presidente FNOVI: «L’uomo ha stravolto l’ambiente creando terreno fecondo per infezioni emergenti. Ed è chiaro che, intanto, bisogna porre urgente rimedio a questa situazione, a cominciare dal “comunicarla”, dal farne conoscere entità, gravità e urgenza»

di Francesco Torre
“Pandemie da salto di specie, emergenza o convivenza?”. Nel libro di G. Penocchio il confronto tra scienziati

Ormai è un dato di fatto che il progressivo disboscamento e l’agire dell’uomo come dominatore incontrastato dell’ecosistema, con il conseguente aumento dei contatti tra l’uomo e le specie selvatiche, sono condizioni che aumentano il rischio di spillover, cioè di passaggio dei patogeni da specie animali all’uomo. Dunque, con ogni probabilità la pandemia da Sars-Cov-2 non sarà l’ultima ma probabilmente solo l’ennesima di una lunga serie di epidemie che ci imporranno di convivere con ricorrenti crisi sanitarie. Da queste considerazioni nasce l’ultimo libro di Gaetano Penocchio, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani (FNOVI). Si tratta di un volume che raccoglie una serie di interviste coordinate dallo stesso Penocchio con la collaborazione dei giornalisti Roberto Messina e Carmelo Lentino, ad autorevoli personalità della scienza, della medicina e della ricerca dal titolo “Pandemia e pandemie da salto di specie. Emergenza o convivenza?” (Academ editore).

Tra gli intervistati autorevoli autori come il Presidente della società italiana di Virologia Arnaldo Caruso, il presidente FNOMCEO Filippo Anelli, i virologi Canio Buonavoglia e Massimo Clementi, l’epidemiologo Massimo Ciccozzi, Daniela Corda del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Marco Ferrazzoli, Capo Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Antonio Limone, Direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Stefano Marroni (responsabile della rubrica Medicina 33), il geologo e divulgatore Mario Tozzi. Lo scopo del libro è anche quello di contrastare fake news e leggende che hanno giocato un ruolo tutt’altro che marginale in questa pandemia e contrastare l’infodemia favorita dalle nuove tecnologie, da internet, dai social network, dalle chat di gruppo a velocità di trasmissione pressoché istantanea.

«L’uomo ha stravolto l’ambiente – sottolinea Penocchio nell’introduzione – creando terreno fecondo per infezioni emergenti. Ed è chiaro che, intanto, bisogna porre urgente rimedio a questa situazione, a cominciare dal “comunicarla”, dal farne conoscere entità, gravità e urgenza». Tutti insieme, virologi, veterinari e scienziati dell’Ambiente, al lavoro per capire quale nuovo equilibrio può crearsi tra uomo e natura e come evitare scenari così catastrofici come quello dell’ultima pandemia da Covid-19. Ognuno declina la sua ricetta dalla sua prospettiva scientifica.

Per Arnaldo Caruso, Professore Ordinario di Microbiologia all’Università di Brescia e presidente della Società Italiana di Virologia, bisogna guardare agli esempi del passato: «La minore vulnerabilità alle pandemie si è ottenuta innanzitutto grazie al miglioramento delle condizioni igieniche delle popolazioni, e della conoscenza dei microrganismi responsabili delle infezioni e dei loro serbatoi o vettori. La peste veniva portata dai ratti, in contesti di scarsissima igiene pubblica. Nel tifo giocano un ruolo gli escrementi, e dunque le fogne a cielo aperto. Ma sono stati comunque i vaccini a cambiare il corso della storia», come nel caso del vaiolo che «era una malattia endemica e mondiale che provocava milioni e milioni di morti ogni anno. Chi veniva infettato dal vaiolo, non poteva essere in alcun modo curato, se non riusciva a guarire da solo. È arrivato, poi, il medico veterinario Edward Jenner, che ebbe una decisiva intuizione, notando che mungitori, conciatori, e tutti coloro che negli allevamenti bovini avevano a che fare con animali infetti dal virus del vaiolo bovino, se contagiati sviluppavano infezioni solo a livello cutaneo».

Per Filippo Anelli, Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e Odontoiatri italiani, bisogna imparare dagli errori del passato ed evitare che le prossime pandemie possa coglierci di sorpresa: «In Italia abbiamo purtroppo scontato errori e inefficienze del passato. La pandemia di Covid ha messo in luce e amplificato carenze e zone grigie preesistenti nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, frutto di decenni di tagli lineari e di politiche che vedevano la salute e i professionisti come costi su cui risparmiare e non come risorse sulle quali investire. Ha acceso impietosamente un riflettore su criticità e carenze che erano ormai strutturali. Carenze di personale, con medici ospedalieri che hanno dovuto fare turni anche di 24 ore di seguito, per poter gestire i pazienti che continuavano ad affluire senza sosta. Carenze a livello edilizio; carenze strumentali, di posti letto, delle terapie intensive. Carenze organizzative, con medici di famiglia lasciati soli ad assistere i pazienti domiciliati; abbandonati a sè stessi, senza protocolli, linee guida; senza personale di supporto, privi di strumentazione adeguata, senza saturimetri e bombole d’ossigeno. Senza dispositivi di protezione individuale. Carenze nella sicurezza che hanno portato molti medici a contagiarsi, alcuni a pagare con la vita il loro impegno: sono 358 i medici che non ce l’hanno fatta».

Per Canio Buonavoglia, Professore di Malattie Infettive degli animali al Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari e Vicepresidente della Società Italiana Virologia, bisogna ripartire dalla medicina veterinaria che «nel passato ha prodotto vaccini per i polli, quando interi allevamenti venivano decimati dal coronavirus della bronchite infettiva. Da anni si studiano i coronavirus nei maiali, nei bovini, negli animali da compagnia. Da 20 anni il gruppo di ricerca da me coordinato studia i coronavirus del cane e del gatto. Un’altra patologia molto conosciuta in Medicina veterinaria è la peritonite infettiva felina, che ha meccanismi patogenetici simili al Covid. Sicuramente la Medicina veterinaria può fornire utili informazioni nel campo della biologia e profilassi delle infezioni da coronavirus».

Massimo Ciccozzi, Professore Ordinario di Epidemiologia al Campus Bio-Medico di Roma, concentra la sua attenzione sulle zoonosi: «Tra tutte le malattie emergenti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute derivano da animali, e il 60% delle malattie emergenti, sono state trasmesse da animali selvatici. Le zoonosi causano ogni anno circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti».

«Gli ecosistemi naturali – spiega Ciccozzi – hanno un ruolo fondamentale nel regolare la trasmissione e la diffusione delle malattie infettive come le zoonosi, la creazione di ambienti artificiali, la manipolazione e il commercio di animali selvatici e la distruzione quindi della biodiversità sono le cause di questa diffusione. Facilitati dalla distruzione degli ecosistemi e dal riscaldamento globale, dall’inquinamento e dall’aumento della popolazione i microrganismi hanno nuovi spazi da conquistare e nuove prospettive di sviluppo. La degradazione ambientale crea un habitat ideale per malattie pericolose come la febbre dengue, il tifo, il colera, la chikungunya».

Daniela Corda, Direttore del Dipartimento Scienze Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha raccontato quanto sta facendo il CNR su questo fronte: «Lavoriamo per comprendere i meccanismi di patogenicità del coronavirus e identificare possibili bersagli terapeutici: ciò richiede un’analisi approfondita del ciclo vitale del virus e delle sue interazioni molecolari con la cellula ospite. Il CNR e il Dipartimento di Scienze Biomediche sono in prima linea nel fornire alla società le risposte necessarie. Diversi progetti in corso presso il Dipartimento, studiano la modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria e i determinanti genetici che possono influenzare la suscettibilità individuale.

«Altri gruppi – continua Corda – stanno studiando gli effetti neurologici dell’infezione e le sue possibili conseguenze sui bambini nati da madri con COVID-19. I nostri ricercatori sono poi impegnati nell’ottimizzazione dei test e nello sviluppo di tecnologie diagnostiche innovative, nello sviluppo e nella validazione di materiali con proprietà antivirali da incorporare in dispositivi di protezione personale, nelle soluzioni innovative nel campo della telemedicina e del monitoraggio clinico e ambientale».

Punta il dito contro l’uomo Mario Tozzi, Primo ricercatore presso l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR, autore, conduttore e divulgatore televisivo: «I cambiamenti di uso del suolo e l’intensificazione degli allevamenti intensivi amplificano i rapporti sapiens – fauna domestica – fauna selvatica. La deforestazione è spesso il preludio a queste attività antropiche e alle sue conseguenze sanitarie, come dimostra il caso del virus Nipah (Malesia 1998), probabilmente legato all’intensificarsi degli allevamenti intensivi di maiali al limite della foresta, dove cioè si disboscava per ottenere terreni a spese dei territori di pertinenza dei pipistrelli della frutta, portatori del virus. Lo spillover viene favorito laddove si impiantano allevamenti intensivi e monoculture, come le palme da olio, a spese della fo- resta tropicale, cioè dell’ambiente in cui la fauna selvatica è più ricca per numero di specie e di individui e dove, di conseguenza, i patogeni sono più presenti e importanti».

L’Italia comunque sta lavorando per creare una rete che possa dare alcune risposte alle nuove minacce virali. Nel libro, infatti, viene evidenziato il ruolo che potrà giocare il Comitato Tecnico del Consorzio Italiano per la genotipizzazione e fenotipizzazione di SARS-CoV-2 e per il monitoraggio della risposta immunitaria alla vaccinazione. Una rete che costituirà la proposta italiana per la sorveglianza delle mutazioni responsabili delle infezioni emergenti e la valutazione dell’efficacia e della durata della vaccinazione. Avrà il compito di favorire l’approfondimento dell’evoluzione molecolare di SARS-CoV-2, il monitoraggio dell’insorgenza di mutazioni nel genoma virale, il loro impatto sulla struttura, patogenesi, virulenza e risposta immunitaria anticorpale e cellulo-mediata nei confronti del virus, soprattutto in considerazione dell’introduzione della vaccinazione di massa per COVID-19. E, come spiega il professor Caruso, avrà compiti che andranno oltre il Sars-Cov-2, creando una rete pronta a studiare i virus, il loro impatto e le loro varianti, e a “pilotare” la conoscenza.

Infine, il rammarico per un coinvolgimento non sempre soddisfacente della medicina veterinaria, espresso da Antonio Limone, Direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Coordinatore degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali di Italia e Consigliere FNOVI: «La Medicina Veterinaria, finora, è stata sì chiamata in causa, ma non quanto si sarebbe dovuto, considerando che SARS- CoV-2 è un agente che proviene dal mondo animale e – come ci conferma la comunità scientifica internazionale – da qui, tramite il meccanismo del “salto di specie”, sta interessando in maniera tragica gli esseri umani. È auspicabile che Enti di diritto pubblico, quali gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, vengano coinvolti per una collaborazione più diretta ai tavoli programmatici già istituiti, atta a focalizzare le problematiche secondo quanto sopra esposto e a garanzia di un livello di operatività, di competenze scientifiche e di tecnologia, frutto di una lunga esperienza di collaborazione nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e di una maggiore integrazione con il Ministero della Salute».

 

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