Ecco come si manifestano, l’esperto: «Sonnambulismo, terrore notturno e risvegli confusionali sono le principali forme di parassonnie. Il paziente può avere atteggiamenti bizzarri, ma anche violenti, e non serberà alcun ricordo di ciò che ha fatto»
C’è chi inizia a piangere o urlare durante il sonno, chi diventa aggressivo, rappresentando un pericolo per sé e per gli altri e, ancora, chi vaga per la casa in stato confusionale. Che l’atteggiamento sia innocuo o violento una cosa è certa: al momento del risveglio non si avrà alcun ricordo dell’accaduto.
«Si chiamano parasonnie e sono disturbi comportamentali caratterizzati da un risveglio solo parziale dal sonno: gran parte del cervello resta addormentato, la coscienza e la volontà sono soppresse, ma è possibile muoversi ed anche esprimere delle emozioni, almeno apparentemente. Le persone possono mostrarsi spaventate, aggressive, sudate, tachicardiche». È Giuseppe Plazzi, neurologo, presidente Aims, l’Associazione Italiana Medicina del Sonno a svelare, ai microfoni di Sanità Informazione, i misteri di questi bizzarri comportamenti notturni.
Atteggiamenti che possono anticipare anche di dieci anni la diagnosi di malattie neurodegenerative: «Quando questi disturbi sopraggiungono in una persona con più di 50 anni, che non ha mai sofferto prima di parasonnie – sottolinea Plazzi – è probabile che entro dieci anni dalla comparsa di questi sintomi possa sviluppare una malattia di Parkinson o una demenza. Accade in più del 70% dei casi. Per questo è necessario sottoporre questi individui ad indagini approfondite, come la polisonnografia. Questa particolare forma di parasonnia è tipica della fase Rem ed è per questo chiamata disturbo comportamentale del sonno Rem».
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Le più tipiche parassonnie, invece, compaiono nel sonno profondo: «Si distinguono in sonnambulismo, terrore notturno (o pavor nocturnu) e risvegli confusionali. Durante queste parasonnie – aggiunge il neurologo – si possono fare anche cose molto particolari come avere rapporti sessuali. Ma qualunque sia l’atteggiamento, il paziente non serberà alcun ricordo di ciò che ha fatto. Tutte le parasonnie sono gravate da rischi: possono originare lesioni o danni fisici a sé e agli altri, fino a gesti estremi come la defenestrazione. Per questo – consiglia l’esperto – non bisogna mai sottovalutarle, nonostante siano spesso considerate fenomeni bizzarri o ridicoli».
Il primo passo per tenerle sottocontrollo è la consapevolezza: «È necessario che il paziente riconosca il suo problema – spiega Plazzi – così da evitare alcune condizioni che possono incrementarlo, come la privazione di sonno, l’assunzione di alcol o di alcuni ipnotici». Attualmente non ci sono terapie risolutive: «Esistono dei farmaci che possono contribuire a gestire le parasonnie – dice il neurologo – ma non danno la garanzia del controllo assoluto. Le uniche vere precauzioni di cui possiamo disporre sono di natura pratica per evitare, a seconda dell’atteggiamento del singolo paziente, che si arrivi – conclude l’esperto – a gesti capaci di compromettere in maniera grave l’integrità fisica delle persone».