A rivelarlo un recente sondaggio dell’Associazione internazionale Pd Avengers a cui hanno risposto in Italia 234 pazienti e 80 caregiver
Nove persone su 10 affette da malattia di Parkinson in fase avanzata devono fare i conti anche con i disturbi del sonno. A rivelarlo un recente sondaggio dell’Associazione internazionale Pd Avengers a cui hanno risposto in Italia 234 pazienti e 80 caregiver. La riduzione della mobilità, la rigidità e la nocturia sono i problemi che maggiormente condizionano l’addormentamento e causano risvegli frequenti, mentre una buona qualità del sonno incide favorevolmente sulla qualità di vita. “Il sonno è un bisogno umano. Il riposo notturno ci aiuta a consolidare i ricordi e a rinforzare le nostre capacità cognitive – spiega Pietro Cortelli, professore ordinario di Neurologia all’Università di Bologna – . Dormire bene serve a ripulire il cervello dalle tossine prodotte dai neuroni durante il giorno, oltre che da memorie inutili. La deprivazione del sonno, invece, ha conseguenze tangibili sul benessere psico-fisico dell’organismo – prosegue -. E se questo accade nei soggetti sani, tanto più ha conseguenze nei pazienti di Parkinson in fase avanzata che spesso non riescono a ottenere una buona qualità del sonno con le terapie tradizionali. Molti pazienti lamentano di non avere più energie già dalle prime ore del pomeriggio”.
Un aiuto potrebbe arrivare dalle recenti innovazioni terapeutiche per la malattia di Parkinson in fase avanzata. “Le nuove terapie che abbiamo a disposizione rappresentano un passo importante per i pazienti con malattia di Parkinson laddove le terapie orali non siano più sufficienti a migliorare le fluttuazioni motorie – spiega Ioannis Ugo Isaias, direttore Uoc Centro Parkinson e Parkinsonismi Asst Gaetano Pini-Cto di Milano -. La sfida adesso sarà garantire a tutti i pazienti, nelle diverse Regioni d’Italia, un accesso omogeneo alla cura. L’innovazione terapeutica è destinata a migliorare in modo significativo la qualità di vita, incluso il sonno, dei pazienti e dei caregiver familiari, chiamati anche loro ad un notevole impegno sia fisico che emotivo”.
In Italia, ricorda Giangi Milesi, presidente di Parkinson Italia Onlus, “sono oltre 300mila le persone che convivono con il Parkinson, calcolate a partire dalle diagnosi e dai trattamenti ma tale cifra non considera tutte le persone che negano la malattia o la nascondono. Inoltre, l’Oms ci conferma che entro il 2040 i malati potrebbero raddoppiare, considerando l’invecchiamento della popolazione e un esordio sempre più anticipato. Sembra evidente, quindi, che questa malattia sia sottostimata nel numero, nell’incidenza e nello stigma che crea. Ancora oggi il percorso per una corretta diagnosi non è semplice, eppure una diagnosi precoce permette di attivare tempestivamente una cura farmacologica ‘sartoriale’, perché ciascuno ha il proprio Parkinson e ha bisogno della propria cura. Un altro passo importante che va fatto è quello di convincere i pazienti in fase avanzata, che non rispondono più alle terapie orali, che possono beneficiare di soluzioni terapeutiche innovative che permettono loro di ritrovare parte della propria quotidianità. Ci sono ancora troppe persone che si rassegnano, ma che invece possono e devono poter stare meglio, attraverso la socialità e l’attività sportiva. Anche le nuove strategie terapeutiche continuano a mantenere viva la speranza per un futuro migliore. Confidiamo che tutti i pazienti eleggibili – conclude – possano presto beneficiarne”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato